Pensavo di scappare con te
Love-story a Milano
Gungui e l’autoconsapevolezza
Kalliroi | 3 febbraio 2012
Dire ciò che si pensa aiuta a diventare cittadini della propria realtà. Parola di Francesco Gungui, classe 1980, di origini sarde ma milanese doc, che ha pubblicato il suo ultimo libro: Pensavo di scappare con te. Sul palcoscenico di una Milano romantica e attraente si svolgono le vicissitudini di Alice, un’adolescente innamorata del suo migliore amico, ma che non ha il coraggio di ammetterlo.
A dire il vero, Alice non riesce a dire molte cose di quelle che pensa, ingabbiata com’è nelle sue insicurezze. Ma un episodio quasi tragico cambierà per sempre il suo modo di essere con se stessa, con gli altri e con il suo Luca.
Dopo il successo di Mi piaci così ed epigoni, Gungui torna con un romanzo corale, in cui viene ben descritta una generazione di diciassettenni, ricostruita anche attraverso un sapiente uso del gergo giovanile, che lo stesso Gungui ammette di “parlare correntemente”. Interessante anche la struttura del libro, che inizia con un flashback e poi ha una sorta di secondo proemio, quasi a voler indicare uno spartiacque fra il prima e il dopo. Del resto, anche nella vita dello scrittore c’è stato qualcosa di simile: «Se guardo agli ultimi dieci anni, ho preso decisioni che hanno cambiato il corso della mia vita. Ho deciso di non fare l’università, di andare a vivere da solo. È stato un momento di rottura che mi ha portato poi ad essere quello che sono».
Ed essere se stessi è poi il segreto che Alice capisce dopo qualche scelta narrativa forse un po’ scontata, ma che non rovina poi più di tanto l’armonia del testo, impreziosito da belle descrizioni di Milano, «una grossa città grigia e inquinata, ma alla quale non rimprovero nulla», ammette Gungui.
E proprio le descrizioni hanno permesso la realizzazione di un book trailer, ultima moda nel marketing editoriale, realizzato da una collaborazione fra Mondadori e il Centro sperimentale di cinematografia lombardo. «Gli allievi del Corso di creazione e produzione Fiction del Centro sperimentale hanno scritto con me la sceneggiatura, cercato gli attori e realizzato una gran bella cosa. Spero che in futuro si potrà fare anche un film».
Da un libro di cucina di sopravvivenza (Io ho fame adesso. Come sopravvivere a un frigorifero deserto 2003) a una storia d’amore: in ogni sua fatica letteraria Gungui trova una dimensione in cui abitare per tutto il tempo della scrittura, come in una doppia vita. Ma può la scrittura e quindi la parola esprimerla al meglio? “Penso a come le parole a volte sono proprio una fregatura. Non raccontano quasi niente di quello che hai bisogno di dire”, recita una delle pagine centrali del libro. «Una parola singola è un colore senza sfumatura. Invece, un intero libro è una parola con i giusti requisiti. Pensavo di scappare con te descrive un’emozione ed è come se fosse una gigantesca e succosa parola», conclude Gungui.
A dire il vero, Alice non riesce a dire molte cose di quelle che pensa, ingabbiata com’è nelle sue insicurezze. Ma un episodio quasi tragico cambierà per sempre il suo modo di essere con se stessa, con gli altri e con il suo Luca.
Dopo il successo di Mi piaci così ed epigoni, Gungui torna con un romanzo corale, in cui viene ben descritta una generazione di diciassettenni, ricostruita anche attraverso un sapiente uso del gergo giovanile, che lo stesso Gungui ammette di “parlare correntemente”. Interessante anche la struttura del libro, che inizia con un flashback e poi ha una sorta di secondo proemio, quasi a voler indicare uno spartiacque fra il prima e il dopo. Del resto, anche nella vita dello scrittore c’è stato qualcosa di simile: «Se guardo agli ultimi dieci anni, ho preso decisioni che hanno cambiato il corso della mia vita. Ho deciso di non fare l’università, di andare a vivere da solo. È stato un momento di rottura che mi ha portato poi ad essere quello che sono».
Ed essere se stessi è poi il segreto che Alice capisce dopo qualche scelta narrativa forse un po’ scontata, ma che non rovina poi più di tanto l’armonia del testo, impreziosito da belle descrizioni di Milano, «una grossa città grigia e inquinata, ma alla quale non rimprovero nulla», ammette Gungui.
E proprio le descrizioni hanno permesso la realizzazione di un book trailer, ultima moda nel marketing editoriale, realizzato da una collaborazione fra Mondadori e il Centro sperimentale di cinematografia lombardo. «Gli allievi del Corso di creazione e produzione Fiction del Centro sperimentale hanno scritto con me la sceneggiatura, cercato gli attori e realizzato una gran bella cosa. Spero che in futuro si potrà fare anche un film».
Da un libro di cucina di sopravvivenza (Io ho fame adesso. Come sopravvivere a un frigorifero deserto 2003) a una storia d’amore: in ogni sua fatica letteraria Gungui trova una dimensione in cui abitare per tutto il tempo della scrittura, come in una doppia vita. Ma può la scrittura e quindi la parola esprimerla al meglio? “Penso a come le parole a volte sono proprio una fregatura. Non raccontano quasi niente di quello che hai bisogno di dire”, recita una delle pagine centrali del libro. «Una parola singola è un colore senza sfumatura. Invece, un intero libro è una parola con i giusti requisiti. Pensavo di scappare con te descrive un’emozione ed è come se fosse una gigantesca e succosa parola», conclude Gungui.
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