Lui raccomanda di non sottolineare, ma il libro è pieno di parole che si vorrebbero imparare a memoria, che siamo tentati di copiare per postare, inviarle a più persone possibili per condividere un’idea da tempo in circolazione che Romagnoli è riuscito a rendere romanzo senza spocchia né alterigia. Il tema è attualissimo. Viaggiare leggeri/vivere leggeri. Il bagaglio a mano dell’autentico viaggiatore è metafora di un modello di esistenza che vede nel “perdere” una forma di ricchezza, che sollecita l’affrancamento dai bisogni. Anche di fronte alle più torve minacce del mondo, la leggerezza di sapersi slegato dalla dipendenza tutta occidentale della pesantezza del corpo, e da ciò che a essa si accompagna, diventa un’ipotesi di salvezza. Romagnoli racconta numerosi aneddoti che arrivano da diverse parti del mondo, dal Cairo a New York. “Ad esempio è importante capire come il cambiamento e il continuo movimento sia importante nelle nostre vite”, scrive. Questo lui l’ha imparato a Kigali, capitale del Ruanda, dove notò che tutti avevano un grande fretta di andare chissà dove e chissà perché. Tutto gli fu più chiaro quando qualcuno gli disse che tutto ciò era dovuto al fatto che i bersagli mobili siano più dificili da colpire. Da chi? Dai cecchini, perché quella terra è stata dilaniata da una guerra civile per anni. Una lezione che, secondo l’autore, è una lezione di vita importante per tutti noi. Nella vita chi si ferma è perduto, bisogna continuare a cambiare e a rinnovarsi per nuove strade e per conoscere meglio anche se stessi.