I poeti der Trullo in origine erano sette: Er Bestia, Er Quercia, Er Pinto, Marta der terzo lotto, ‘a gatta morta, Er Farco e Inumi Laconico. Sette giovani “borgatari” che vengono dalla periferia sud ovest di Roma, il Trullo, denominato così per un ritrovamento di epoca romana che ricorda i trulli pugliesi.
A proposito del Trullo, Pasolini scriveva: non è questa la vera Italia, fuori dalle tenebre?
E se il Trullo è sinonimo di periferia, la potenza dei suoi poeti supera le soglie romane e si applica al resto di quell’Italia un tempo dimessa, ora in cerca di rivalsa.
I sette poeti preferiscono l’anonimato per sentirsi liberi di esprimersi senza nomi propri ma danno la possibilità a chi si sente di condividere le proprie idee poetiche. Se le voci sono sette l’ottavo poeta non è altro che il lettore che, ispirato, invia i suoi componimenti al gruppo di metroromantici che sono presenti su internet e sui social per diffondere il proprio manifesto.
Negli ultimi mesi il progetto è cambiato e la sezione relativa alle poesie dei lettori è cresciuta, mentre parallelamente i sette poeti hanno scelto di rafforzare le loro poetiche personali, concentrandosi sui percorsi individuali.
La loro corrente combina l’idea ottocentesca di Romanticismo e la porta in periferia, creando una commistione ossimorica di sensazioni: estrema sensibilità nei componimenti corredata da un contesto di periferia che si allontana quanto più dalla nostra idea bucolica di componimento generando, però, un connubio perfetto e armonioso.
Quello che rende speciali i poeti è il loro modo di vedere la periferia e di valorizzarla. Ma perché proprio il Trullo? Inumi Laconico scrive che “Il Trullo è un luogo della mente. Tutti possono affacciarsi su questo giardino periferico dopo essersi allontanati dal centro. Il centro delle decisioni, il centro della politica, il centro sotto chiave, protetto da vetri opachi, inaccessibile.
Il Trullo è un luogo della mente e tutta la periferia esistente può essere seme e frutto di poesia.”
Più che street art è street poetry la loro: i ragazzi del Trullo dispensano pillole di poesia spicciola, autentica e tagliente nella sua semplicità che ricorda il rap più apprezzato. Come direbbe er Bestia, che un tempo sognava di fare il rapper, è facendo i poeti che oggi si è “diversi”, rivoluzionari.
Ognuno di loro ha il suo stile: chi più attaccato al dialetto, chi più sentimentale ma tutti a loro modo metroromantici. Inumi Laconico è un po’ il capostipite insieme ad er Bestia, che avrà una corazza spessa ma tra mozziconi di sigarette e birre ha un animo tenero quanto le sue poesie.
Poi ci sono er Quercia che ha il vocabolario di un accademico della Crusca, Marta der Terzo Lotto che alterna dolcezza e serietà, ‘a Gatta morta che predilige i racconti intimisti ed er Pinto e er Falco che guardano la società con occhi critici.
I temi sono vicini a chi li legge: crimini, amori, droga, sport, amicizia, dolori, delusioni, speranze. Inneggiano ad una Roma bella ma decadente, tutt’altro che da cartolina, non adatta ai turisti, quella delle periferie, delle borgate. Una Roma malinconica e al tempo stesso stupenda come nel film di Sorrentino fa da sfondo alle poesie.
Come recita il manifesto, il Metroromanticismo si muove su un dualismo tematico che si rispecchia anche nella visione del quartiere che è un “doppio luogo”: reale, in quanto scenario delle storie, ma anche luogo della mente, dove ogni quartiere può essere rappresentato. Ed è proprio nel quartiere che la loro arte prende vita, lasciando il segno su ogni superficie.
L’intento è quello di cogliere la realtà che li circonda in tutto il suo chiaroscuro, di rappresentarne la bellezza e la decadenza, senza artifici. La loro poesia è vera, umana e attuale proprio per la sua aderenza alla realtà; il suo successo è frutto della brevità dei componimenti che ci ricordano aforismi e tweet.
L’attualizzazione del movimento del Romanticismo è portata agli estremi ma risulta perfettamente calzante: “Una fabbrica abbandonata, per il MetroRomanticismo, è la montagna infinita dei vecchi Romantici, le case popolari sono i nostri castelli, il tatuaggio è il nostro ritratto di famiglia, un cartone dimenticato del mercato della mattina è la traccia di una carrozza, la fermata della metropolitana è la nostra tenuta in campagna.”
La chiave poetica non sta nelle rime ma negli occhi con cui i poeti guardano la realtà e la modernità dei loro componimenti rievoca Belli, Trilussa e Pasolini.
È proprio in questa realtà che si esprime il poeta der Trullo che grida che la poesia non è un modo di rappresentare la realtà ma di guardarla. Nel 2015 i Poeti der Trullo hanno pubblicato un libro “Metroromantici” che raccoglie i loro pensieri. E se adesso hanno deciso di concentrarsi ognuno sul proprio percorso individuale, il segno l’hanno lasciato e nelle menti resterà impresso un semplice avvertimento: “Prima che il cervello te lasci e scappi via, spegni la tv, leggi ‘na poesia!”