Lunedì scorso, nel discorso con cui ha riconosciuto le due repubbliche autoproclamate del Donbass, ordinando poche ore dopo un’operazione militare, il presidente russo Vladimir Putin ha espresso una serie di palesi forzature storiche sull’Ucraina. In sostanza, ha detto che l’Ucraina non è una vera nazione e che oggi di fatto è uno stato fantoccio alle dipendenze dell’Occidente. La ricostruzione storica di Putin è notoriamente faziosa e incompleta: benché abbia un legame molto importante con la Russia, l’Ucraina ha da secoli un’individualità culturale e una storia autonoma, benché tormentata.
La teoria di Putin
Putin ha detto, tra le altre cose, che l’Ucraina «non ha mai avuto una tradizione stabile come nazione a sé stante» e che è stata sostanzialmente inventata dal Partito Comunista dell’Unione Sovietica all’inizio del Novecento: «L’Ucraina moderna è stata interamente e completamente creata dalla Russia», ha detto Putin. La questione è stata anche ripresa dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che è arrivato a dire che l’Ucraina «non ha il diritto di essere una nazione sovrana». Non è certo la prima volta che Putin esprime idee di questo tipo: sono anni che lo fa, sostenendo pubblicamente che russi e ucraini siano «un solo popolo». Lo disse nel 2014, in occasione dell’annessione della Crimea, lo ha ripetuto varie volte in interviste e interventi pubblici e lo ha ribadito anche lo scorso luglio in un suo lungo saggio intitolato “Sull’unità storica dei russi e degli ucraini”: il saggio sostiene, in sostanza, che l’Ucraina appartenga alla Russia e che la formazione di un’identità nazionale ucraina staccata dalla Russia sia da considerarsi un «progetto anti-russo». Sono tutte opinioni condivise e ribadite pubblicamente anche dagli alleati stretti di Putin, con formule anche molto fantasiose, come quella di Vladislav Surkov, consigliere di Putin sulla questione ucraina, che definì l’Ucraina «uno stupefacente entusiasmo per l’etnografia, portato agli estremi».
La storia dell'Ucraina
Quella di Putin e dei suoi alleati è però una versione assai distorta della storia, criticata da storici ed esperti. Benché esistano fortissimi legami storici, politici e culturali tra Russia e Ucraina, i due paesi restano entità separate, con una storia e un’evoluzione autonome l’una dall’altra: quella che la Russia presenta come una questione identitaria è in realtà un patrimonio storico comune, come può essere quello di tanti altri paesi le cui storie si sono incrociate e vicendevolmente contaminate. Uno degli argomenti usati da Putin per sostenere che l’Ucraina non possa essere considerata una nazione sovrana, per esempio, è che parte dell’attuale Ucraina faceva parte della cosiddetta Rus di Kiev, cioè l’insieme di tribù slave, baltiche e finniche che nel Nono secolo creò una lasca entità monarchica che si estendeva dal mare Bianco nel nord al mar Nero nel sud, e che dunque comprendeva parte dell’attuale territorio ucraino, bielorusso e russo. Secondo Putin, la comune appartenenza alla Rus di Kiev è da considerarsi il fondamento di una comune identità. Parliamo però di eventi che risalgono a oltre un millennio fa, oltre al fatto che la Rus di Kiev si divise ben presto: il territorio corrispondente all’attuale Ucraina, nei secoli, fu invaso e dominato da una varietà di popoli diversi: mongoli, lituani, polacchi, svedesi e anche dall’impero austroungarico. E nel frattempo la cultura ucraina, a partire dalla lingua, si sviluppò separatamente da quella russa. Che le storie di Ucraina e Russia siano legate ma autonome l’una dall’altra lo mostra anche il parziale fallimento dei vari tentativi di integrazione culturale e linguistica del territorio ucraino sia da parte dell’impero zarista russo – a cui l’attuale Ucraina venne annessa nel 1793 – sia da parte dell’Unione Sovietica: in entrambi i casi l’uso e lo studio della lingua ucraina furono vietati, con l’evidente obiettivo, mai raggiunto fino in fondo, di assimilare il territorio ucraino alla Russia. Tra le altre cose, Putin ha detto, come già in altre occasioni, che l’Ucraina non esisterebbe se non fosse stato per Vladimir Lenin, che al momento della creazione dell’Unione Sovietica decise di fare dell’Ucraina una repubblica separata dalla Russia. Anche queste sono forzature: gli storici sono concordi sul fatto che il nazionalismo ucraino esisteva da secoli prima di Lenin, e il paese non fu creato a tavolino dai leader bolscevichi. La decisione di Lenin, semmai, rifletteva proprio il fatto che l’Ucraina già al tempo godeva di una propria identità nazionale e culturale. Lo si vide dopo il crollo dell’Unione Sovietica: l’Ucraina divenne uno stato indipendente con un referendum in cui il 92,3 per cento degli ucraini votò a favore dell’indipendenza.
Diversità interne
Ci sono ovviamente delle differenze all’interno della stessa Ucraina: la parte orientale del paese entrò prima di quella occidentale nell’area di influenza della Russia e fu dominata dall’impero zarista per molto più tempo. Per questo, molti abitanti delle regioni orientali dell’Ucraina hanno origini russe e parlano il russo come prima lingua (tra loro il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky). Ma oggi anche nelle zone russofone dell’Ucraina la stragrande maggioranza della popolazione ritiene che il paese debba rimanere indipendente: come ha scritto di recente l’Economist, mentre per la maggior parte degli ucraini i legami e vicinanze con la Russia fanno parte di un importante patrimonio storico, per i russi sono un elemento identitario.
Oggi
Sono, infine, gli ultimi decenni di storia ucraina a dimostrare la sua autonomia e indipendenza dalla Russia: da decenni l’Ucraina si avvicina all’Europa e alla sfera d’influenza della NATO, e gli ucraini hanno combattuto negli ultimi vent’anni ben due rivoluzioni per rivendicare la loro vicinanza all’Europa: la cosiddetta “rivoluzione arancione”, con cui gli ucraini protestarono in massa in difesa della vittoria elettorale del candidato filo-europeo Viktor Yushenko, e la rivoluzione che cominciò nel novembre del 2013 con le proteste di Euromaidan, a Kiev. Oggi, il 90 per cento degli ucraini vuole che il paese resti indipendente.