È ormai da mesi che piazze e vie di tutto l’Iran sono occupate da giovani e donne che manifestano contro il loro regime: è rinato un sentimento patriottico che mancava da molti anni nel paese. Uomini, donne e giovani vogliono tutti una sola cosa: "superare i codici valoriali imposti dalla repubblica islamica”. Protagoniste di questa ribellione sono le donne, donne stanche di non essere ascoltate, di essere sottomesse e di non essere libere. Vogliono che qualcosa cambi: aspirano a una vera e propria rivoluzione culturale.
Il punto della situazione
Tutto è iniziato mesi fa quando una giovane donna Iraniana, Masha Amini, è deceduta in ospedale a causa di un’emorragia cerebrale causata, secondo testimoni oculari, dalle violenze subite dalla polizia locale. Cosa aveva fatto? Aveva violato il codice d’abbigliamento islamico: una ciocca dei suoi capelli fuoriusciva dal velo, obbligatorio dal 1983. Le donne iraniane non sono libere di indossare quello che vogliono, obbligate a indossare il velo anche contro la loro volontà ma, con un enorme coraggio, si stanno facendo sentire per la prima volta dopo anni di silenzio. Questo "rinascimento Iraniano" ha come unico mezzo di protesta la ribellione. Il regime naturalmente sta reagendo. C’è stata una forte repressione da parte delle forze di sicurezza, e, cosa più grave di tutte, sono state emesse decine di sentenze di morte a giovani tra 18 e 30 anni dalla magistratura che è strettamente legata al regime e applica in maniera talebana la shari'a. La prima condanna è stata eseguita l’8 dicembre per il giovane Mohsen Shekar, dopo di lui almeno alte 20 sentenze sono state emesse. Gli arresti, secondo stime delle organizzazioni internazionali, arrivano a 18 mila, 500 è il numero di persone uccise durante le manifestazioni. La pratica del "salta turbante" è una delle più usate dai manifestanti: levare il copricapo ai membri del clero sciita filmandoli e rendendo i loro video virali. Contribuiscono alla rivolta anche diversi scioperi indetti da gran parte della popolazione: mercanti, avvocati, medici, campioni sportivi e attrici si schierano contro il regime rischiando molto. I giovani infatti, ma soprattutto le donne devono poter dare ai loro figli un futuro diverso, un futuro migliore: devono conquistare la libertà!
La storia del regime iraniano
Tutto nasce dalla rivoluzione iraniana del 1979, una serie di cambiamenti politici, religiosi e sociali che portarono il paese verso l’attuale repubblica islamica sciita eliminando così la precedente monarchia. Khomeyni, già leader del Consiglio Rivoluzionario, prese il potere. Il 30 marzo un referendum sancì la nascita della Repubblica Islamica dell'Iran con il 98% dei voti. Subito venne imposta la shari'a: divieto di bevande alcoliche, di gioco d'azzardo e di prostituzione, gli omosessuali vennero perseguitati e poi puniti con la pena di morte, l’esecuzione divenne lecita per chiunque assumesse comportamenti non conformi, le donne vennero obbligate a coprire braccia e gambe e il capo con un velo, nascondendo i capelli. Da allora l’Iran soffre di queste misure restrittive.
Ma quali sono le condizioni delle donne in Iran?
«Roussari ya Toussari». Cioè «velo in testa o botte in testa». Siamo nel 1926 quando le donne, sotto lo scià Pahlavi, credevano di essere finalmente libere per sempre dopo anni di limitazioni, nell'Iran divenuto quasi un paese moderno. Non avevano più obbligo di portare il velo, potevano studiare e votare ma nel 1979 qualcosa cambiò nuovamente: la rivoluzione islamica costrinse le donne a una condizione di oppressione. All’inizio il velo era una formalità ma non un obbligo. Oggi le donne non possono andare allo stadio se non per vedere le partite della propria nazionale, non possono diventare Presidente della repubblica, non possono assolutamente violare l’obbligo di indossare il velo e non possono utilizzare abbigliamento troppo aderente. Le donne sono completamente sottomesse al marito: non possono muoversi senza di lui e l’adulterio è punibile con la pena di morte. Le leggi del regime iraniano favoriscono gli uomini tanto quanto sfavoriscono le donne.
Gesti simbolici
Proprio per far si che tutto questo diventi solo un brutto ricordo del passato le donne e i giovani stanno rischiando la vita. Ricordiamo infatti la campionessa iraniana di scacchi Sara Khadim che ha partecipato al campionato mondiale senza velo per “sfidare apertamente il regime”. Per questo si trasferirà in Spagna, teme per la sua vita. Situazione analoga si ripete con la campionessa di Taekwondo, Nahid Kiani, che ha postato un suo selfie a capo scoperto. Un forte appoggio alla protesta è stato dato dalla nazionale iraniana di calcio, nella prima partita dei mondiali in Qatar. I giocatori infatti si sono rifiutati di cantare il proprio inno come segno di protesta contro il regime a rischio di pesanti ritorsioni per loro e i loro familiari. L’attacante della nazionale iraniana Mehdi Taremi ha poi dichiarato che “la giustizia non può essere fatta con un cappio”. Il giocatore, sempre stato leale al regime iraniano, si è schierato apertamente contro la notizia dell’ennesima sentenza di morte a due manifestanti, uno dei quali aveva solo 21 anni. La situazione sta degenerando, centinaia di persone stanno perdendo la vita, nonostante ciò la ribellione partita dalle donne è diventata trasversale a tutto il paese ed è proprio questo che dà a tutti una speranza di vittoria.