È crisi in Perù: da oltre un mese il paese sudamericano è alle prese con una rivolta e violenti scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, scontri che - ad oggi - che hanno causato una cinquantina di morti. La crisi è iniziata quando l'ex presidente Pedro Castillo è stato arrestato per aver tentato di sciogliere il Congresso, che a sua volta lo aveva destituito e accusato di tentativo di golpe istituzionale. Dopo la destituzione di Castillo e la caduta del suo governo, il Parlamento ha nominato un nuovo primo ministro e una nuova compagine governativa di centrodestra, ma le proteste dei suoi sostenitori non si sono mai fermate.
Le proteste sono state gestite in maniera violenta da parte del governo e della polizia, In 24 ore, l’ufficio del procuratore generale ha avviato un’inchiesta sulla nuova presidente Dina Boluarte, il presidente del Consiglio dei ministri, il ministro degli Interni e il ministro della Difesa. Le accuse sono di genocidio, omicidio e lesioni gravi. Alcune organizzazioni che difendono i diritti umani sostengono che l’esercito abbia sparato contro i manifestanti, mentre l’esercito ribatte dicendo che i manifestanti hanno scagliato degli esplosivi fatti in casa contro i soldati. L’11 gennaio il nuovo premier Otarola ha incassato la fiducia del parlamento e ha istituito un coprifuoco a Puno, città al confine con la Bolivia, per placare le proteste. In quella regione sono avvenuti gli episodi più gravi di queste proteste. Negli scontri è stato ucciso anche un poliziotto, bruciato vivo nella sua auto di pattuglia. Le autorità locali hanno dichiarato che il poliziotto è stato torturato prima di essere ucciso.
Le manifestazioni continuano dallo scorso 7 dicembre, quando l’ex presidente Pedro Castillo ha tentato un colpo di stato per tenersi il potere e da allora sta scontando 18 mesi in carcere. Secondo alcuni analisti Il numero delle vittime è salito a 46, e di queste ben 17 persone hanno perso la vita tentando di invadere l’aeroporto di Juliaca. L’assalto all’aeroporto è avvenuto dopo la ripresa delle proteste dei sostenitori di Castillo, che chiedevano il rilascio dell’ex presidente ed elezioni anticipate. Dopo l’arresto di Castillo la vicepresidente Boluarte ha preso il suo posto. I sostenitori di Castillo non riconoscono la nuova presidente e il suo governo, e per questo hanno dato il via a guerriglie urbane che nemmeno l’intervento dell’esercito e i coprifuochi istituiti hanno placato.
Questa crisi politica ha radici più profonde: la grande instabilità politica e il fatto che gli alti funzionari politici siano finiti per essere accusati o condannati per corruzione ha aumentato la sfiducia nei confronti della classe politica. Dopo il regime autoritario di Alberto Fujimori, il paese era ritornato alla democrazia - ma la corruzione ha continuato a regnare sovrana. Nel 2018 Martin Vizcarra sostituì il presidente Juan Pablo Kuczynski, che venne accusato di corruzione, ma poi lo stesso Vizcarra fu accusato di aver accettato tangenti per circa mezzo milione di euro. Prese il suo posto Manuel Merino che si dimise poco dopo, a seguito di alcune proteste violente. Il 17 novembre 2020 è stato eletto infine Francisco Sagasti come presidente ad interim del paese, terzo in una settimana, poi sostituito da Carillo.
Il paese sembra ingovernabile e pochi analisti in Perù riescono a intravedere una soluzione a questa crisi. Alcuni esperti affermano che i prolungati disordini politici richiedano delle soluzioni profonde, mentre altri non riescono a capire cosa succederà.