Musica
Metti una sera, al concerto di M¥SS KETA…
Recensione della tappa romana del tour di un’artista che sa sempre come “movimentare” la situazione
Francesco Zago | 7 maggio 2019

Dovessimo stilare una lista degli edifici più belli di Roma per ospitare un concerto, di certo il Monk non risulterebbe tra i primi. Eppure quando la notte copre i difetti della capitale e fa risaltare la bellezza degli ex capannoni industriali della periferia romana (va colta ma c'è), il Monk subisce una metamorfosi, acquista un fascino suggestivo ed indimenticabile. È in questo scenario di insolita bellezza che si colloca la vicenda caldissima di un concerto epico: quello di M¥SS KETA.

L'ambiente è una bolgia infernale, ma in senso positivo (se non ne esiste uno, ora c'è). Sembra di essere catapultati in uno scenario allo stesso tempo incantevole e pauroso, un locus amoenus che ospita un incubo. Un'atmosfera irresistibile che viene interrotta dai primi bassi: decisi, determinati, devastanti. È arrivata la "main bitch". 

È impossibile che M¥SS KETA sia vestita male, ma allo stesso tempo è impossibile definire belli (in senso canonico) i suoi outfit. In sintesi, avanguardia. Infatti l'ardito ma azzeccatissimo mix di latex e gonne a balze si stampa nella testa e va a sostituire qualsiasi possibile definizione di stile

I grandi classici e le novità dell'artista vengono eseguite con continuità, non c'è tempo per le pause quando si balla al ritmo delle basi di Populous e Riva (i fenomenali produttori). M¥SS e le ragazze di Porta Venezia (Miuccia Panda e La Iban) incendiano il palco una traccia dopo l'altra. "Milano Sushi e Coca", "In gabbia (non ci vado)", "Una donna che conta", ma anche le più recenti "Main Bitch", "Adoro", "Pazzeska", e una vasta selezione dai due CD (Una vita in Capslock e Paprika) e dai vari EP. 

Roma è ingorda e M¥SS KETA è contenta di saziarla, grazie soprattutto a tracce che creano il panico sotto cassa ("La casa degli specchi", la cui base è di Gabry Ponte, scatena definitivamente il pubblico già bollente). Il concerto termina (dopo l'esecuzione dell’iconica "Milano Sushi e Coca") in un delirio di applausi ed urla. La capitale è bruciata per la seconda volta dopo il 64 d.C, M¥SS come un(a) Nerone moderna contempla il suo popolo in fiamme. 

È Populous, autore di alcune delle basi più famose ("Xananas" e "Monica", per citarne alcune) a chiudere la serata con un dj set da urlo. I superstiti, storditi da un mix di emozioni (e probabilmente acidi), vagano verso l'uscita. Fuori la notte copre Roma, che però si ostina a brillare. 

 

Nota dell'autore: “per becere ragioni commerciali” è stato impossibile scrivere il testo in CAPSLOCK. Ma è sottinteso che un'esperienza così vada immaginata e soprattutto vissuta in maiuscolo, “come fosse capodanno a Courmayeur”. 

 

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