“Gaza” dei PNL, “Hind’s Hall” di Macklemore, ma anche “Casa Mia” di Ghali, i rapper che dedicano un brano o un riferimento al conflitto Israele-palestinese sono sempre di più
Tutto preso com’è dalla guerra tra Drake e Kendrick Lamar, il mondo (almeno quello hiphop) sembra essersi dimenticato che c’è un’altro conflitto in corso che, però, agisce su un’altra scala, quella della vita reale. Lo scontro tra Israele e Palestina era rimasto latente nella mente occidentale fino a quando, lo scorso 7 ottobre, Hamas ha sferrato un attacco in territorio israeliano inaugurando, di fatto, l’attuale Guerra di Gaza. A quel punto non è stato più possibile fare finta di niente e la convinzione esterna di politici e cittadini che la situazione politica in quella zona remota fosse risolta (cosa effettivamente mai davvero accaduta) non ha potuto che cedere alla verità dei fatti.
Non soltanto il mondo politico partecipa alla discussione sulla situazione, ma anche nell’ambito musicale diversi sono gli artisti che hanno preso posizione: Brian Eno, Serj Tankian e Skin, ad esempio, hanno firmato la richiesta di cessate il fuoco del collettivo Musicians 4 Palestine. Nell’elenco, che conta più di seimila artisti, anche Denzel Curry e Macklemore; quest’ultimo non si è fermato alla firma, ma venerdì ha direttamente pubblicato una canzone dedicata alla causa. Postata prima su Instagram lunedì scorso, “Hind’s Hall” difende le proteste degli studenti newyorkesi contro la guerra e condanna i rapper che non prendono posizione, criticando l’attenzione sulla faida tra big: “I want a ceasefire, fuck a response from Drake”.
Anche dall’altra parte dell’Atlantico c’è chi sta mostrando il proprio supporto alla Palestina, primi tra tutti i PNL che a sorpresa pubblicarono il brano “Gaza” già a dicembre annunciando che avrebbero devoluto tutti i ricavi alle organizzazioni umanitarie attive presso quell’area, così come Macklemore. Quasi in contemporanea al collega di Seattle, il francoalgerino Tif ha inserito dei riferimenti a Gaza nel singolo “Nothing Personal”, in cui afferma “Je me sens prisonnier à l’air libre comme en Palestine”.
In Italia la posizione dei rapper è meno esplicita, ma non verrà presto dimenticato l'”incidente” di Ghali a Sanremo, quando ha osato invocare lo stop al genocidio suscitando le ire dell’ambasciatore israeliano, situazione che aveva portato Mara Venier a fermare Dargen prima ancora che potesse parlare di migrazioni durante il programma post Festival. La questione della censura sul tema Gaza non è però endemica della Penisola, ma è stata subita anche dai partecipanti dell’Eurovision di quest’anno Eric Saade e Bambie Thug. Le ragioni degli organizzatori dei concorsi musicali si basano sulla volontà di mantenere le manifestazioni esclusivamente artistiche e apolitiche, ma il fantasma della censura è sempre fonte di preoccupazione. Perché, quando degenera, è terrificante. Chiedete a Toomaj Salehi.