Musica
L'essenziale. Nel sound e non solo
Due strumenti, tanto ritmo
Con il sax e la batteria si può fare quasi tutto: parola dell’Eklettic Planet Duo, gruppo jazz che sfida la musica asciugandola fino all’osso e creando sempre qualcosa di nuovo
Sara Coppa | 3 febbraio 2012

Un viaggio alla scoperta dell’universo jazz: è stato questo il pomeriggio passato in compagnia di Paolo Maffi e Rodolfo Cervetto, l’Eklettic Planet Duo. Di questo genere, non molto frequentato dai giovani, ci si può innamorare anche dopo l’ascolto di un brano.
Raccontateci la vostra storia: come vi siete conosciuti e cosa vi ha unito?
«Ci siamo conosciuti attraverso band comuni, ormai suoniamo insieme da circa dieci anni e durante queste collaborazioni ci siamo capiti e apprezzati: sono nati così idee e progetti per il futuro, in particolare ciò che si sta realizzando proprio adesso con l’Eklettic Planet Duo».
Com’è avvenuto il vostro incontro con il jazz?
P: «Il mio è stato circa all’età di 13 anni: mio padre portò a casa una cassetta di Natalie Cole con gli arrangiamenti per Big Band, famosissimo album, e io l’ascoltai tutto d’un fiato. In particolare mi colpì un assolo di sax e da quel momento decisi di imparare a suonare questo strumento».
Come raccontereste in poche parole il jazz ai ragazzi che frequentano le superiori e che spesso non conoscono questo genere musicale?
«Il jazz dopo anni che si suona non è ancora per noi definibile in maniera esaustiva. Lo caratterizza il fattore swing, nato in America, da cui parte tutto: non parliamo solo delle sonorità degli anni ‘30, si tratta proprio di un modo di stare sul tempo, di improvvisare – è proprio questo ciò che distingue il jazz dagli altri generi musicali».
Rodolfo, che cosa ti ha spinto a passare da un gruppo come i Sigma, con un repertorio prevalentemente dance e pop, ad un duo con un repertorio totalmente jazz?
R: «Io sono cresciuto ascoltando i Led Zeppelin e sono arrivato al jazz per caso, ho frequentato un po’ tutti i generi musicali. Inizialmente era un gioco, suonavo con gli amici, poi mi sono iscritto ad un corso tenuto da Gianpaolo Casati e sono rimasto affascinato da questo mondo di professionisti che vivevano di musica. Ho compreso appieno questo genere, in confronto gli altri mi sono sembrati ripetitivi e monotoni: nel jazz ci sono solo una griglia armonica e una melodia, può sempre capitare qualcosa di nuovo».
Ma come è possibile far capitare sempre qualcosa di nuovo con soli due strumenti?
«Viaggiando ed ascoltando musica insieme abbiamo capito che le cose fondamentali sono due: il ritmo e la melodia; abbiamo deciso di togliere tutto il resto e lavorare soltanto su questi due aspetti, mantenendo sempre ben evidente la struttura della canzone, in cui l’ascoltatore si può identificare».
Come si fa a capire qual è lo strumento giusto per noi? Cosa ti spinge a sceglierne uno piuttosto di un altro?
R: «Io ho scelto la batteria perché pensavo non ci fosse da leggere la musica! A parte gli scherzi, questa è una domanda molto difficile, posso raccontare la mia storia. Quando avevo la tua età le radio passavano i pezzi heavy metal e hard rock dei Deep Purple, degli Iron Maiden, dei Led Zeppelin e dei Police e lì i batteristi erano la colonna portante dei gruppi e una fonte di ispirazione per me, specialmente John H. Bonham».
P: «Sebbene io sia figlio di un insegnante di musica, fino all’età di 11 anni ero distaccato da questo mondo, mi tenevo prudentemente alla larga dall’imponente pianoforte della sala. Poi un giorno alle medie ho dovuto iniziare a suonare il tipico flauto e senza capire bene perché cominciavo a percepire un certo feeling con lo strumento a fiato. Poi, come vi ho già raccontato, ho trovato la famosa cassetta di Natalie Cole e da lì ho capito che il sax era il mio partner ideale».
Che consigli date ai giovani musicisti in erba che ci seguono?
«Sicuramente studiare il più possibile, ascoltare tutti i generi cercando di essere versatili e non troppo settoriali; più la propria cultura musicale è vasta, meglio è. Ad un certo punto poi bisogna provare a fare quello che si sente più naturale, senza cercare ad ogni costo di accontentare la massa solo per vendere di più, si deve credere in ciò che si fa e non scendere a compromessi».
Per concludere, ricordateci dove e quando possiamo venire ad ascoltarvi dal vivo.
«Al momento stiamo lavorando ad nuovo progetto e quindi siamo in una sorta di pausa di riflessione. Una cosa è certa: gli incontri live inizieranno al motto di: “Tutto può succedere!”».

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