Musica
L?indie rock che parla romano
Tutt'altro che decadenti
Provocatori e irriverenti, i kuTso hanno pubblicato ?Decadendo (su un materasso sporco)?. Ne abbiamo parlato con Matteo Gabbianelli, frontman della band
Daria De Grazia | 27 giugno 2013
La prima domanda è d?obbligo: cosa significa KuTso?
Il nome, che va letto con una pronuncia inglese, è un modo che avevo io per scrivere le parolacce sui banchi al liceo. L?abbiamo utilizzato come nome del gruppo per scherzare, per fare una cosa in qualche modo provocatoria.

Come è nata l?idea di fare una band?
Noi tutti lavoriamo in questo campo da molti anni; ci siamo incontrati musicalmente e io ho avuto l?idea di fare un gruppo che fosse mio, perché spesso, se non c?è un punto di riferimento che fa da traino, c?è il pericolo che subentrino gli egoismi di ciascuno e che quindi la band si sfasci. Sono molto determinato e, se anche per assurdo gli altri andassero via, porterei comunque avanti questo progetto.

Questo album ricorda gli Skiantos e spazia dai Black Sabbath al reggae-ska: quali sono gli artisti che vi hanno influenzato?
Sicuramente i Black Sabbath sono tra i miei ascolti di gioventù e alcune canzoni hanno un andamento reggae-ska. Per quanto riguarda gli Skiantos: spesso siamo stati accostati alla musica demenziale, ad un primo ascolto l?album può dare quest?idea, l?intenzione invece è di creare un contrasto tra i testi crepuscolari e le musiche dirompenti.

Nei vostri testi si respira una forte critica della classe politica attuale: vi considerate un gruppo impegnato?
Forse ti riferisci in particolare al testo di Via dal mondo: in realtà non è una canzone impegnata socialmente. Io l?ho scritta dopo esser stato ad una manifestazione a piazza S. Giovanni a Roma: ho fatto delle riflessioni, ma sono più uno sfogo irrazionale e violento che una denuncia vera e propria.

Tutto il disco sembra percorso da un senso di decadenza che non trova riscatto: è la nostra società che non vuole uscire da questa situazione di ?squallore? oppure anche volendo non ci riuscirebbe?
Lo squallore di cui parli è tutto interiore e personale, non credo alle colpe della società. Le nostre canzoni in fondo sono tutte riflessioni sul singolo, sul modo di rapportarsi alla realtà, anche quando parlano della ?società?.

Parliamo de La canzone dell?amore perduto: perché fare una cover di De Andrè?
Perché quando l?ho sentita fare da un mio amico al pianoforte ho pensato che si sarebbe potuta strillare, cantare disperatamente. Alla fine abbiamo fatto un miscuglio tra Weezer, Iron Maiden e... Loretta Goggi!

L?ironia e il divertimento sono una parte centrale dell?album: cosa significano nella vostra musica e nella vostra vita?
Parlerei più di sarcasmo: l?ironia la usa chi sta al di sopra delle cose, io mi ci butto dentro fino in fondo! Soffro, ci sto male, poi mi guardo e penso: ?Che coglione che sono?.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Vogliamo suonare dappertutto, non cerchiamo gratificazioni ufficiali, a cui non credo particolarmente. A me interessa che la gente venga ai concerti, che ci chiamino sempre più da tutta Italia.
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