Le emozioni sono segni sul corpo
Artista fuori dagli schemi, Alessandra Machella ha appena esordito con il suo primo singolo “Noi”, di cui è scrittrice e compositrice
Elena Prati | 13 novembre 2013
Il tuo singolo si chiama Noi: chi sono i “noi”?
Noi è un’esigenza di partire, andare lontano con tutti i ricordi nelle tasche; quel viaggio che ognuno vuole fare quando non ce la fai più a sopportare il peso della gravità... Ecco! I noi del brano non sono poi un gran gruppo. Ho volutamente scelto di spogliare l’arrangiamento per dare solo l’essenziale: un quartetto d’archi, sapientemente suonato da Federico Mecozzi, il primo violinista di Ludovico Einaudi, la cassa della batteria e degli accendini suonati da Tommy Graziani, la mia chitarra acustica e la mia voce.
Com’è lavorare con musicisti del calibro di Claudio Fabi?
È un onore immenso, una gratificazione, una responsabilità. Passi tutta una vita a studiare e costruire sognando collaborazioni così, e poi quando ti capitano ti senti come un bambino al primo giorno di scuola. Sai che qualcosa di grande sta per arrivare, senti il cambiamento, e senti la paura in mezzo alle mani che ti dà però la voglia di conquistare il tuo mondo.
A quando un album?
Ora è uscito il primo singolo, che anticipa sicuramente l’uscita dell’album completo. Mi piace ragionare giorno per giorno, perché poi oggi è tutto così sottile e precario che ti viene da camminare in punta di piedi sopra la tua agenda di lavoro.
Cosa è secondo te l’ispirazione?
È il frutto di un’intuizione geniale, che può arrivarti dagli stimoli più diversi. Ho capito che non esiste il mito dell’ispirazione che ti fa stare fermo ore con la penna in mano e con il foglio bianco: bisogna vivere, tanto, respirare forte e studiare molto.
Quale tra i tanti premi che hai vinto è stato il più inatteso?
Quello che ancora devo vincere, sicuramente.
Come sta andando la tua esperienza a Area Sanremo?
Bene. Ho conosciuto e sto conoscendo artisti e colleghi molto particolari, poi c’è sempre l’emozione di far ascoltare qualcosa che ho scritto a grandi della musica italiana come Ron, Omar Pedrini e Dargen D’Amico: non capita tutti i giorni di avere l’attenzione di artisti così, e di avere un loro parere, a prescindere. Tutto questo fa crescere.
Parlaci del progetto Anatomia femminile e del tuo amore per i tatuaggi...
Michele Monina (autore televisivo e giornalista, ndr) mi ha chiamato un giorno e mi ha chiesto di partecipare ad un libro/cd in cui artiste donne raccontassero con un brano una loro parte del corpo. Mi chiede se ho una canzone sui tatuaggi, perché io ne ho tanti, sono una parte di me a tutti gli effetti. In quel periodo stavo lavorando ad un brano, IF, che parlava dei segni sulla pelle, che per me sono come un’agenda di ricordi, la cartina geografica della mia vita emozionale. L’ho preso come un segno: ho modificato il testo la notte, sono andata ad inciderlo e gliel’ho mandato, poche ore dopo. Michele mi ha scritto: “è fantastico”. È stato il primo consenso che ho avuto su IF, ma lui non lo sa - forse ora lo leggerà - per questo Anatomia Femminile è nel mio cuore.
Perché ti fai chiamare solo con il cognome?
Perché pesa più del mio nome. Chi mi vuole bene mi chiama “machellina”, nonna mi chiama “machella bella”: insomma, alla fine Alessandra è un soprammobile di fronte all’imponenza del mio cognome!
Se potessi fare un duetto domani, chi sceglieresti?
Credo che duetterei con chiunque possa propormi la bellezza. Se potessi esprimere un desiderio, ti direi “Vorrei duettare con Damien Rice, scrivere una canzone per Giorgia e cantarla con lei, prendermi un thè con Chris Martin e parlare di Parachutes, fare le doppie voci ad Elisa in un suo nuovo brano”. E potrei andare avanti per ore!
Cosa saremmo senza la musica?
Morti, probabilmente. Vivremmo dentro Resident Evil, e a me sinceramente gli zombie mettono paura!
Noi è un’esigenza di partire, andare lontano con tutti i ricordi nelle tasche; quel viaggio che ognuno vuole fare quando non ce la fai più a sopportare il peso della gravità... Ecco! I noi del brano non sono poi un gran gruppo. Ho volutamente scelto di spogliare l’arrangiamento per dare solo l’essenziale: un quartetto d’archi, sapientemente suonato da Federico Mecozzi, il primo violinista di Ludovico Einaudi, la cassa della batteria e degli accendini suonati da Tommy Graziani, la mia chitarra acustica e la mia voce.
Com’è lavorare con musicisti del calibro di Claudio Fabi?
È un onore immenso, una gratificazione, una responsabilità. Passi tutta una vita a studiare e costruire sognando collaborazioni così, e poi quando ti capitano ti senti come un bambino al primo giorno di scuola. Sai che qualcosa di grande sta per arrivare, senti il cambiamento, e senti la paura in mezzo alle mani che ti dà però la voglia di conquistare il tuo mondo.
A quando un album?
Ora è uscito il primo singolo, che anticipa sicuramente l’uscita dell’album completo. Mi piace ragionare giorno per giorno, perché poi oggi è tutto così sottile e precario che ti viene da camminare in punta di piedi sopra la tua agenda di lavoro.
Cosa è secondo te l’ispirazione?
È il frutto di un’intuizione geniale, che può arrivarti dagli stimoli più diversi. Ho capito che non esiste il mito dell’ispirazione che ti fa stare fermo ore con la penna in mano e con il foglio bianco: bisogna vivere, tanto, respirare forte e studiare molto.
Quale tra i tanti premi che hai vinto è stato il più inatteso?
Quello che ancora devo vincere, sicuramente.
Come sta andando la tua esperienza a Area Sanremo?
Bene. Ho conosciuto e sto conoscendo artisti e colleghi molto particolari, poi c’è sempre l’emozione di far ascoltare qualcosa che ho scritto a grandi della musica italiana come Ron, Omar Pedrini e Dargen D’Amico: non capita tutti i giorni di avere l’attenzione di artisti così, e di avere un loro parere, a prescindere. Tutto questo fa crescere.
Parlaci del progetto Anatomia femminile e del tuo amore per i tatuaggi...
Michele Monina (autore televisivo e giornalista, ndr) mi ha chiamato un giorno e mi ha chiesto di partecipare ad un libro/cd in cui artiste donne raccontassero con un brano una loro parte del corpo. Mi chiede se ho una canzone sui tatuaggi, perché io ne ho tanti, sono una parte di me a tutti gli effetti. In quel periodo stavo lavorando ad un brano, IF, che parlava dei segni sulla pelle, che per me sono come un’agenda di ricordi, la cartina geografica della mia vita emozionale. L’ho preso come un segno: ho modificato il testo la notte, sono andata ad inciderlo e gliel’ho mandato, poche ore dopo. Michele mi ha scritto: “è fantastico”. È stato il primo consenso che ho avuto su IF, ma lui non lo sa - forse ora lo leggerà - per questo Anatomia Femminile è nel mio cuore.
Perché ti fai chiamare solo con il cognome?
Perché pesa più del mio nome. Chi mi vuole bene mi chiama “machellina”, nonna mi chiama “machella bella”: insomma, alla fine Alessandra è un soprammobile di fronte all’imponenza del mio cognome!
Se potessi fare un duetto domani, chi sceglieresti?
Credo che duetterei con chiunque possa propormi la bellezza. Se potessi esprimere un desiderio, ti direi “Vorrei duettare con Damien Rice, scrivere una canzone per Giorgia e cantarla con lei, prendermi un thè con Chris Martin e parlare di Parachutes, fare le doppie voci ad Elisa in un suo nuovo brano”. E potrei andare avanti per ore!
Cosa saremmo senza la musica?
Morti, probabilmente. Vivremmo dentro Resident Evil, e a me sinceramente gli zombie mettono paura!
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