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Basta un pianoforte, un salotto e il gioco è fatto: con i suoi “Live at home”, il ventitreenne Giovanni Caccamo si fa conoscere. Nel frattempo lavora al suo primo album con un grande maestro, Franco Battiato
Alice Dalmasso e Camilla Gaggero | 13 febbraio 2014
Fin da piccolo volevi fare il musicista, ma hai iniziato come conduttore di Music Gate: cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Il mio percorso è bizzarro: ci sono state più interferenze rispetto alla strada principale, la musica. Però l’esperienza televisiva è stata sicuramente una palestra molto interessante, perché mi ha aiutato a scoprire una parte di me inedita. Fare il conduttore ti aiuta a vincere molte paure, a creare subito un contatto con le persone che ti circondano.

Il mondo della musica non ti ha subito accolto a braccia aperte: cosa ti ha scoraggiato maggiormente?
Qualcosa che continua in parte a scoraggiarmi ancora. Nel mondo della discografia è difficile trovare una persona in grado di ascoltarti davvero. È l’indifferenza a colpirmi di più: in passato ho tentato in tutti i modi possibili di catturare l’attenzione, e non ho ricevuto in risposta né sì, né no. Solo il nulla. Oggi, nonostante abbia accanto persone che mi stimano, questi meccanismi rimangono sullo sfondo: l’importante è riuscire a rimanere in equilibrio.

Tra queste persone c’è il grande Franco Battiato: cosa ti ha insegnato?
Difficile dirlo in una sola risposta. Il regalo più grande è stato quello di farmi essere me stesso, umanamente e musicalmente.

Hai fatto un tour tutto particolare: Live at home. Di cosa si tratta?
Ho organizzato un contest on line per un mese: chi aveva un salotto con un pianoforte poteva candidare la propria casa come palcoscenico per un mio concerto. Ho fatto 26 concerti: è un’esperienza che mi ha permesso di girare l’Europa.

Come ti è venuta l’idea?
È nata dall’esigenza di avere un contatto diretto con le persone, di ristabilire un rapporto concreto tra artista e pubblico. Volevo fare un tour, comunicare la mia musica e crearmi un pubblico, ma non avevo i soldi per farlo.
Ero nella mia stanza e a un certo punto ho visto il pianoforte. Mi sono detto: cosa mi serve di più?

Chi può assistere a questi live?
Chiunque: quando una data è fissata diventa pubblica, bisogna prenotarsi come per un normale concerto e io metto in contatto chi si prenota con il proprietario di casa. La cosa interessante è che si sono create relazioni nuove tra persone che altrimenti non si sarebbero incontrate.

Hai un aneddoto da raccontare?
Solitamente concludo le mie serate con una riflessione sul tempo, sul fatto che dovremmo riappropriarcene, e non correre senza sapere bene dove andare. Una volta tra il pubblico c’era una coppia di fidanzati che, dopo aver sentito il mio discorso, hanno subito esclamato: “Giusto! Dobbiamo imparare ad avere tempo per noi! Dove stiamo correndo?”. Mi ha fatto piacere, perché ti accorgi di aver lasciato qualcosa.

Cosa pensi del web come strumento per farsi conoscere e mostrare il proprio talento?
Io faccio il pubblicitario, per cui conosco le regole del marketing. Nonostante questo sto ancora cercando di capire le potenzialità del web: alle volte mi sembra un mezzo un po’ troppo “democratico”. Certo, se non ci fosse internet Live at home non esisterebbe, ma la natura stessa dei miei concerti suggerisce: spegnete il pc e bussate alla porta.

C’è un album in arrivo?
Sì, sto lavorando sui suoni e nel creare un progetto che mi rappresenti al cento per cento.

Cosa vorresti pensasse chi ascolta la tua musica?
Vorrei che pensasse a sé, e non alla canzone che sta ascoltando. Se un pezzo riesce a staccarti dall’esterno e a portarti dentro di te, è una vittoria.
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