Musica
Live report: Capovilla a Villa Ada
Complessità ed eleganza: va in scena "Obtorto collo"
Live report: Capovilla a Villa Ada
Giulia De Carlo | 5 agosto 2014

Chi voleva qualcosa di simile al Teatro degli Orrori sarà probabilmente e giustamente rimasto a casa, erano in pochi mercoledì 30 luglio, sotto il palco di Villa Ada, "Pochi ma buoni" urla qualcuno dal pubblico, "dobbiamo allearci! Fare qualcosa!" risponde scherzando Pierpaolo Capovilla.
Un Pierpaolo Capovilla inedito nel repertorio e nell'atteggiamento che sa stupire il suo pubblico rapito da musica e parole, scosso da una band eccezionale.
Sul palco con il cantante Kole Laca “alle diavolerie elettroniche”, già tastierista del Teatro degli Orrori, sempre prezioso in ogni contributo, Alberto Turra alla chitarra elettrica, fondamentali le sue distorsioni allucinate; Francesco Lobina al basso, direttamente preso in prestito dal mondo del blues e del jazz, Stefano Giust alla batteria e alle percussioni, pronto a guidare i pezzi più classici e a dare spettacolo nei momenti più frenetici e Guglielmo Pagnozzi, sintetizzatore e sax alto, che al momento giusto sa dominare il palco con fascino magnetico.
Tutti musicisti di primo ordine che giocano evidentemente un ruolo fondamentale, sta soprattutto a loro l'estemporanea ricostruzione delle difficili atmosfere di “Obtorto Collo”, è merito loro quell'improvvisazione senza incertezze che si avverte proprio nella sua capacità di seguire e rincorrere l'interpretazione di Capovilla, svincolandola da tempi prestabiliti e dandole così modo di esprimersi al meglio attraverso brevi pause e silenzi prolungati.
In tutto ciò Capovilla rimane al centro della scena, protagonista nel dettare i tempi ma anche intelligente nel cogliere i momenti in cui farsi da parte in favore della band.
Nel repertorio suonato troviamo, ovviamente, l'esordio solista di Capovilla, “Obtorto Collo”, uscito il 27 maggio su etichetta Virgin/La Tempesta dischi per Universal Music e prodotto da Taketo Gohara in coppia con Giulio Ragno Favero per “Irene” e “Dove vai”.
Non mancano però due poesie di Pier Paolo Pasolini e Vladimir Majakovskij, autori fortemente amati da Capovilla e già omaggiati nei reading “La religione del mio tempo” ed “Eresia”, ma anche un pezzo degli One Dimensional Man e due chicche dal repertorio del Teatro degli Orrori, quelli che non trovano spazio nelle esibizioni della band e che vengono accolte da un pubblico meravigliato ed emozionato.
Si inizia con “Ballata delle madri” di Pier Paolo Pasolini e poi “Invitami”, traccia d'apertura del disco.
I primi tre pezzi scorrono piacevolmente, la band si scalda per esplodere su “Come ti vorrei”, a calarci nella sua atmosfera oscura c'è il sax da incubo di Guglielmo Pagnozzi, Capovilla imbraccia il basso a rafforzare con il suo stile sporco la cupezza del brano.
Anche “Dove vai”, singolo d'anticipazione dell'album che ha scatenato accuse per il suo stile sfacciatamente commerciale, è più rock ed aggressiva.
Dopo i sinceri ringraziamenti vengono spese le prime parole del concerto, “Ottantadue Ore”, con la sua storia di dolore, merita di essere presentata, la narrazione dell'omicidio di Francesco Mastriogiovanni, vittima del TSO (trattamento sanitario obbligatorio) e simbolo della crescente indifferenza civile ed umana imperante nel nostro Paese, rimane aggrappata nella sua atrocità agli animi dei presenti.
La chitarra allucinata di Alberto Turra ci introduce crudele nella storia di violenza domestica, “Quando”, Capovilla, ghigno sul volto, inizia a girare sul palco nel suo omaggio a Tom Waits per poi lasciare il palco a Pagnozzi e ad uno splendido dialogo tra il suo sax e le tastiere di Kole Laca.
Sorprendono poi “Io ti aspetto” traccia di apertura di “A sangue freddo” del Teatro degli Orrori e “A better man”, title track dell'ultimo disco degli One dimensional man.
“Irene” punta il dito contro la discriminazione subita dalla popolazione romanì prima di abbandonare il pubblico all'intima “Bucharest”, musica avvolgente ed interpretazione da vero crooner rendono il pezzo uno dei più emozionanti del concerto.
Si cambia subito registro con l'ultimo brano prima della pausa, una furiosa “Obtorto Collo” sconvolge gli spettatori e la foga a cui Capovilla ci ha abituati nelle sue vesti alternative risulta qui travolgente, sostenuta da una band che si lascia andare in tutta la sua maestria.
Dopo una brevissima pausa “Vivere e morire a Treviso” è una perla che illumina gli occhi del pubblico e “Lilicka! Invece di una lettera” chiude il set facendo risuonare le parole del grande poeta russo.
Dopo un'ora e mezza circa di musica, la band saluta un pubblico felicemente sconvolto da un concerto ricco e sentito, in cui Capovilla è stato in grado di far convergere ed aggiungere qualcosa alle varie anime della sua figura artistica: ha scherzato con il pubblico e dimesso i panni di frontman a tratti demoniaco in favore di un'ironia meno beffarda, di una comunicazione più diretta e sincera, come quando ammette nel bel mezzo di “Lilicka! Invece di una lettera” di essersi dimenticato una strofa della poesia. Impossibile comunque mascherare l'attaccamento all'ultimo lavoro, l'emozione nel vederlo compreso e riconosciuto dai presenti, apprezzato come un disco coraggioso merita, soddisfatto è invece il pubblico dopo una sua ricostruzione perfetta, intima e raffinata, investita di una carica emotiva difficile da dimenticare.

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