Progetti
Rinate - Oltre il femminicidio
La mostra fotografica itinerante che parla di violenza di genere ed educazione affettiva nelle scuole italiane
Redazione | 1 ottobre 2024

Beatrice aveva 26 anni quando il fidanzato ha provato a ucciderla. Si è buttata dalla finestra dopo ore di botte e segregazione per salvarsi. Azadé ha passato una vita sotto la violenza del marito, che l’ha costretta a cambiare paese. Dall’Iran, è riuscita a liberarsi da lui grazie al centro antiviolenza Befree e ora lavora da Dolcé, un punto vendita romano di dolci creato da Arci Solidarietà per dare un futuro alle donne con vulnerabilità sociale. Laura è stata accoltellata dall’allora compagno in un luogo pubblico. Per un millimetro e mezzo la lama non ha reciso la carotide e dopo un periodo di coma è Rinata. Anche Marina è stata accoltellata e strangolata in strada. Le Forze dell’ordine l’hanno trovata sotto una macchina. Non riusciva a parlare per le ferite profonde, ma aveva un paio di chiavi in mano e batteva contro il paraurti per farsi individuare. Ha passato tre giorni in coma e anche adesso, che sono trascorsi diversi anni, ha paura e non si sente protetta.

Quelle di Beatrice, Azadé, Laura e Marina sono le storie ritratte dalla giornalista, scrittrice e fotografa freelance Stefania Prandi per la mostra “Rinate - Oltre il femminicidio” che sta girando nelle scuole italiane grazie all’associazione Rea, a Fondazione Vodafone e a Fondazione Media Literacy.

Attraverso i ritratti di queste donne, le foto di oggetti e le loro parole, prende forma il racconto dei meccanismi della violenza maschile contro le donne. Si può intervenire su chi commette e agisce violenza? Come possono difendersi le donne, sia psicologicamente sia fisicamente, senza scadere nel “victim empowerment”? La mostra ci conduce attraverso questi quesiti che ancora agitano il dibattito intorno ai femminicidi. La mostra è parte integrante di un'indagine in dieci scuole secondarie per l’individuazione e il superamento degli stereotipi negativi e delle giustificazioni dirette o indirette delle violenze di genere. Il progetto utilizza il metodo dell’indagine giornalistica fra pari con questionari e interviste raccolte dai “giovani reporter” delle redazioni scolastiche della rete della Fondazione Media Literacy.

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