È a questo interrogativo che cercheranno di rispondere i partecipanti agli incontri organizzati per il secondo capitolo del progetto Words of Europe, come ci hanno spiegato la Vicepresidente di Arci Solidarietà Mariangela De Blasi e Diletta Alese, project manager.
Potete raccontarci l’evoluzione da Words of Europe a Ways of Europe? Ways of Europe continuerà il percorso avviato con Words of Europe, in cui abbiamo assemblato un vocabolario creativo di parole chiave sul futuro dell’Europa. Con la nuova edizione realizzeremo incontri transnazionali in cui le storie della prima edizione potranno incontrarsi in luoghi simbolici.
In un momento in cui le politiche migratorie sono sempre più restrittive, complice anche il consenso verso partiti di destra, come si propone WE di controbilanciare queste narrazioni? Uno dei primi incontri sarà a Lampedusa sul tema delle migrazioni e della solidarietà. Il progetto crea gli spazi per chi non ha la possibilità di raccontare la propria narrazione, raccogliendone le storie per creare e una comunità ol che guarda al mondo intero come la sua casa.
Come sono state scelte le location lungo i confini europei?
Gli eventi transnazionali di Ways of Europe si snodano in luoghi simbolici, ciascuno legato a temi cruciali per il futuro dell’Europa: questi rappresentano confini tematici in cui si intrecciano le sfide e le opportunità del progetto europeo. A Bruxelles, cuore politico dell’Ue, si parlerà di partecipazione democratica giovanile, ad esempio, mentre Lampedusa sarà il luogo dedicato al tema delle migrazioni.
In che modo WE affronta l’idea di confine e cerca di trasformarla in un’op- portunità per costruire un’Europa più inclusiva e connessa?Considerando le persone in primis come cittadine del mondo, analizzando le fratture nella nostra società e costruendo ponti e luoghi per ricucire quelle ferite. Per ricordarci che il bene comune può essere davvero quello dell’umanità intera e del pianeta nel riconoscimento di sfide comuni che non si fermano davanti ai confini, per questo la politica dovrebbe fare altrettanto.
Come contribuisce l’inclusione di nuovi partner al raggiungimento degli obiettivi del progetto?
L’arrivo di nuovi partner arricchisce il progetto con nuove prospettive e competenze, ampliandone l'impatto e la portata. Da un lato, Wijkz è la più grande organizzazione di lavoro sociale dell’Aia: si occupa di programmi per giovani, prevenzione della violenza e promozione di uno stile di vita sano, concentrandosi particolarmente sull'inclusione degli anziani e dei gruppi vulnerabili. Dall’altro lato, la Fundació Privada Pere Closa è un punto di riferimento per il supporto educativo e per il contrasto alle discriminazioni delle persone Rom in Spagna da oltre vent’anni.
Quale ruolo gioca la nuova figura dell’ambassador e in che modo potrebbe influenzare il progetto a lungo termine?
Si tratta di una nuova rete di volontari/e che vogliono contribuire agli obiettivi del progetto, partecipando alla comunicazione e all’animazione delle iniziative. Saranno rappresentatie punti di collegamento tra i partner e le comunità locali: grazie a loro il progetto vuole rafforzare la dimensione della partecipazione nei processi di organizzazione degli eventi, favorendone la cocreazione e promuovendo l’empowerment delle tante persone coinvolte.
Guardando al futuro, quale sarà l'eredità duratura di WE per i partecipanti e per le comunità?
WE è un’esperienza con un altissimo valore umano, che ci permette di incontrare e confrontarci con prospettive diverse, entrare in connessione con l’altro e, insieme, definire un futuro comune di respiro transnazionale. Ma è anche una sperimentazione puntuale, un percorso di valutazione di tecniche e metodi di partecipazione. È, infine, un posizionamento politico. Per creare ponti, superare confini e costruire una società più giusta, equa, democratica e libera.