Da sempre legato al mare e affascinato dall’ambiente circostante, sin da piccolo Emanuele costruisce capanne molto artigianali, in pineta o in spiaggia, utilizzando solo detriti e altri materiali di scarto. La sua canoa di 150 bottiglie di plastica, realizzata la scorsa estate, è solo il primo prototipo di un progetto s cui sta continuando a lavorare anche nei mesi invernali.
In attesa del ritorno in spiaggia.
Come è nata l'idea di creare una canoa con bottiglie riciclate? E come l'hai concretizzata?
Un giorno ero in macchina con amici, al ritorno dal mare, e si parlava di come avremmo potuto utilizzare al meglio l'estate ormai in corso. Ho avuto una piccola folgorazione, che univa due miei pallini: da una parte la voglia di realizzare qualcosa riutilizzando e riciclando dei rifiuti e, dall’altra, la curiosità di sapere se un insieme di bottiglie di plastica vuote, piene d’aria e tappate, avrebbero potuto sostenere il peso di una persona, ad essere precisi, il mio peso. Avevo quindi capito cosa avrei fatto per non annoiarmi.
Mi sono messo a raccogliere una grande quantità di bottiglie d’acqua minerale vuote, con somma gioia dei miei genitori, che si sono visti man mano la casa invasa. Ho iniziato a sperimentare come poter sigillare ermeticamente le bottiglie e, soprattutto, come poterle legare insieme, per cercare di ottenere una forma più o meno assimilabile ad una canoa. Raggiungere il numero di bottiglie necessario è stata la parte più noiosa e lunga perché non bastavano mai. Non nascondo che più di una volta mi è passata dalla mente l’idea di gettare la spugna. In una di queste occasioni però, ho avuto l’intuizione di parlarne con un mio prof, un docente famoso nella mia scuola - il Galilei-Costa di Lecce - per incoraggiare gli alunni ad avere delle idee innovative e a metterle in pratica. Il prof ha accolto con entusiasmo l’idea e mi ha spronato a non mollare assolutamente.
Altri, dopo la prima prova, avrebbero rinunciato. Tu hai capito l'errore e hai deciso di continuare. Cosa ti ha spinto a non mollare? E che modifiche intendi apportare?
Quando ho finito il lavoro manuale mi sono letteralmente venute le lacrime agli occhi nel vedere che la mia opera rispecchiava perfettamente l’immagine che mi ero fatta nella testa, anzi era persino migliore. È stato un momento importante per me perché, malgrado tanti impedimenti, ero riuscito a portare a termine il mio progetto e la cosa mi riempiva di gioia e soddisfazione. Ho provato un po’ meno gioia quando, una volta messa a mare e salito sopra, ogni tanto qualche bottiglia si staccava, soprattutto nei miei tentativi di spostamenti con l’uso del remo. Però vedere la canoa in acqua e vederla galleggiare, col mio peso sopra, è stata la sensazione più bella che si possa immaginare! Anziché provare rabbia per gli errori fatti, ho subito immaginato cosa e come operare per migliorarla e per renderla perfettamente funzionante.
La versione 2.0 della mia canoa avrà un maggiore sostegno alla base, ovvero altre quattro file di bottiglie sul fondo. Utilizzerò un silicone più adatto a quel genere di plastica e uno spago più spesso e resistente. Scommettiamo che ce la farò?
Il consumo mondiale di plastica sta diventando un problema sempre più impellente negli ultimi anni. Che opinione ti sei fatto della crisi ambientale?
Mi ritengo un ragazzo che vive osservando bene ciò che gli succede intorno. Ho l’impressione che tutti non facciano altro che ripetere quanto le plastiche e i rifiuti in generale stiano diventando un problema ma che pochissimi facciano qualcosa di concreto per affrontarlo e risolverlo. So perfettamente che questa mia canoa realizzata con il recupero di 150 bottiglie – che altrimenti sarebbero finite chissà dove – è poca cosa, ma spero possa essere qualcosa di simbolico. Una sorta di messaggio per molta gente, soprattutto “ai piani alti”, per far capire che dobbiamo fare tutti qualcosa, di piccolo noi che siamo piccoli, di grande e importante quelli che hanno la capacità e responsabilità di farlo. Sono molto sensibile all’argomento e, crescendo, mi impegnerò a fondo a dare il mio personale contributo affinché questo mondo possa cambiare rotta.
Hai scelto bottiglie di plastica riciclata. Perché proprio questo materiale?
Frequentando molto il mare e, nuotando tra diversi tipi di fondali, mi sono accorto che trovare della plastica era ormai diventata una consuetudine. Quindi la scelta del materiale è stata facile. E poi avevo visto in tv un documentario che parlava di un’isola enorme nell’oceano costituita completamente da rifiuti plastici galleggianti. Un orrore.
Dopo la canoa, hai qualche altro progetto in mente che ti piacerebbe realizzare?
Effettivamente sì, ma al momento è tutto top secret. Inoltre, vorrei in qualche modo invogliare altri ragazzi della mia età a fare qualcosa, a creare, a provare e testare qualsiasi cosa possa diminuire il consumo di plastica o a riutilizzarla. L’altra mia ambizione è quella di fare qualcosa di concreto, a partire dalla mia città, per far cambiare mentalità alla gente e a prendere coscienza di quanto l’uso sconsiderato della plastica sia un problema veramente serio.
C'è un personaggio famoso a cui ti ispiri o che consideri un tuo eroe? Uno scienziato, o un altro esponente della cultura che ammiri?
Io considero “eroi” tutte quelle persone comuni che hanno sempre voglia di fare, che aiutano i ragazzi a credere in se stessi, che invece di lamentarsi dei problemi della società hanno il coraggio di rimboccarsi le maniche e agire. Possono essere semplici professori, amici, conoscenti o persino persone conosciute un giorno e mai più riviste. Gente che appena l’ho vista ha lasciato qualcosa in me. Anch'io ho il cantante preferito e l'attore che vorrei conoscere di persona, e probabilmente anche loro mi hanno dato qualcosa. Come ad esempio Caparezza che, attraverso i suoi testi, sbatte in faccia problemi veri, e come Checco Zalone, che gioca col volto dell’ignoranza popolare e manda messaggi molto chiari. C'è anche un'altra persona che ha iniziato ad ispirarmi, si chiama Alberto Paglialunga, è giovane ed è il titolare dell’azienda dove lavora mio padre. C'è qualcosa in lui che rispecchia ciò che vorrei essere da grande. Sarà perché ha creato dal nulla e da solo un’azienda leader, sarà che dà lavoro e sostentamento ad una quarantina di famiglie, o perché sa parlare alla gente con un linguaggio semplice. Lui ringrazia sempre i propri dipendenti per il lavoro che svolgono e li gratifica in ogni modo possibile. Se ogni imprenditore italiano fosse così saremmo uno dei paesi più avanti nel mondo. Una curiosità? Anche Alberto ha frequentato la mia scuola, il Galilei-Costa di Lecce. Ed è stato uno start upper, uno di quelli che hanno deciso di rimanere al Sud e creare con le proprie mani il futuro, suo e di tante altre persone.
Raccontaci cosa ti piacerebbe fare dopo la scuola superiore e cosa vorresti fare da grande.
Dopo le superiori credo che continuerò a studiare perché sono convinto che, qualunque sarà il mio lavoro futuro, approfondire alcune materie mi sarà sicuramente molto utile.
Non ho le idee chiarissime su cosa farò da grande, ma una cosa la so: voglio un lavoro che mi piaccia e che mi appassioni. Mi piacerebbe avere un qualcosa di mio, una mia impresa o attività, non so cosa di preciso, ma sarà qualcosa di grande, di diverso da tutto quello che ci sarà allora. Sono attratto dall'economia e dall'innovazione, ma mi piace anche socializzare e stare a stretto contatto con la gente. L’ideale sarebbe riuscire a conciliare tutti questi aspetti. Voglio essere un imprenditore, ma uno con la “I” maiuscola, differente da tutti, voglio essere più innovativo e sorprendere e sorprendermi continuamente. Chissà se riuscirò a fare meglio di Alberto? Io ce la metterò tutta.