Un tema intrigante dal punto di vista scientifico e sociologico è quando la scienza incontra la genetica e spiega l'ereditarietà di alcuni caratteri come l'intelligenza. Come sostengono gli studi dell'Unimc, Università degli Studi di Macerata, l'intelligenza è un'abilità cognitiva complessa, correlata a diversi ambiti, che consente di eseguire operazioni mentali sofisticate. L'ereditarietà invece è il concetto fondamentale su cui si basa la genetica, una branca della biologia che studia la trasmissione fisica dei geni dai genitori alla prole attraverso le cellule germinali e a cui sono associati diversi caratteri di ciascun individuo. I geni sono ciò che garantisce l'esistenza di tutti noi, come la formazione degli organi, ma anche il loro funzionamento.
Per spiegare l'ereditarietà dell'intelligenza è stato condotto nel 1984 uno studio da parte dell'Università di Cambridge su ratti geneticamente modificati, in cui è stata analizzata la coevoluzione del cervello e il condizionamento dei geni, portando alla conclusione che il genoma materno contribuisce maggiormente allo sviluppo dei centri di pensiero del cervello.
I geni inoltre sono stati marcati biochimicamente in modo tale che si tracciasse la loro origine, rivelando se sono attivi o meno nelle cellule discendenti. È stato evidenziato che le cellule dei geni materni rientrano nelle regioni della corteccia cerebrale, dove si sviluppano funzioni cognitive avanzate, come intelligenza, pensiero, linguaggio e pianificazione.
L'intelligenza però non è solo un fattore ereditario. Come sostiene la Treccani, infatti, la correlazione tra geni e ambiente nasce dal fatto che i primi condizionano le risposte individuali a specifici stimoli ambientali e ciò avviene tramite due meccanismi di- stinti. Il primo è la sovrapposizione tra l’effetto dei geni e quello dell’ambiente nel dare forma a un individuo. Infatti i genitori, oltre a trasmettere ai figli i propri geni, forniscono loro l’ambiente di crescita. Quindi la correlazione è dovuta a tale sovrapposizione, per cui i genitori che trasmettono ai propri figli geni associati a una data risposta comportamentale li fanno crescere in contesti ambientali che tendono a stimolare tale risposta. Il secondo meccanismo alla base della correlazione geni-ambiente invece è legato al fatto che gli individui scelgono l’ambiente in cui vivere, e tale scelta è in parte dovuta al corredo genetico, che ci indirizza verso un dato ambiente a noi congeniale, cioè congeniale ai nostri geni.
Quindi, sebbene i geni giochino un ruolo primario nella scelta dell’ambiente di crescita e di vita, sarà la combinazione degli effetti di entrambi i fattori a determinare il comportamento caratteristico di un dato individuo. Ma non solo. Un altro fattore che influisce sullo sviluppo dell'intelligenza è il rapporto tra la madre e il figlio. Il forte legame tra i soggetti in questione infatti dà sicurezza e supporto e contribuisce a stimolare il potenziale cognitivo del bambino del 40-60%.
Concludendo possiamo quindi affermare che l'intelligenza si trova su un gene associato al cromosoma X materno e altri fattori, tra cui l'ambiente, possono modificare la manifestazione. In natura, infatti, almeno secondo la teoria delle intelligenze multiple sviluppata dallo psicologo e docente statunitense Howard Gardner nell'opera Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell'intelligenza (1983), esistono almeno otto tipi diversi di intelligenza, quali logico-matematica, verbale-linguistica, musicale, ecc. che si presentano in persone con maggiore predisposizione.