Immaginate un laboratorio altamente tecnologico in cui i ragazzi possono accedere quotidianamente e utilizzare le attrezzature a supporto della propria creatività. Un sogno, o la descrizione di qualche college americano.
E invece è la realtà per il liceo “Malpighi” di Bologna. Spiega la preside Elena Ugolini: «Tre anni fa il prof Maurizio Sobrero ci parlò di laboratori nati in università e in scuole americane per avvicinare i ragazzi alla “rivoluzione” delle stampanti 3D e decidemmo di fare un progetto su questo. Abbiamo subito capito che occorreva un luogo dove poter accedere al mondo della tecnologia quotidianamente, senza limiti di tempo, attraverso lavori capaci di coinvolgere più discipline e creare un ponte fra scuola, ricerca e mondo delle imprese».
E proprio grazie al mondo delle imprese il Malpighi La.b è diventato realtà: il gruppo Bonfiglioli ha deciso di investire su questo progetto per ricordare Clementino Bonfiglioli, imprenditore di un’azienda leader del territorio.
Tra i primi progetti del Malpighi La.b, la costruzione di un iper plan della scuola, per innovarla dal punto di vista architettonico, funzionale ed energetico, e l’avvio di due corsi di robotica per partecipare ad una fiera di settore. Ma l’ambizione è ancora più ampia: «Vogliamo aprire le attività anche agli studenti delle altre scuole – spiega la Preside – e allargare la rete di rapporti con fondazioni, enti di ricerca, università ed aziende. Insomma, diventare un crocevia tra mondi diversi con al centro la parola innovazione».
Il laboratorio si ispira all’organizzazione del Dipartimento di Creative learning del MIT di Boston, dove un professore della scuola sta svolgendo un dottorato di ricerca; i ragazzi fanno lezione in orario curriculare ed extracurriculare con corsi di programmazione, robotica e progettazione 3D e lavorano insieme allo sviluppo di un’idea «Coniugare la nostra tradizione liceale con un metodo che privilegia l’esperienza, il lavoro per progetti, l’innovazione, saper far convivere la robotica con il latino, Platone e Dante, è la nostra sfida», racconta la Preside.
E non sono mancati i risultati: una delle prime “invenzioni” uscite dal laboratorio è un software in grado di leggere le onde cerebrali e tradurle in parole. L’idea è di Giacomo Micheli, studente di prima del liceo, che spiega: «Mia zia, psicologa, mi ha chiesto di aiutarla in una forma di comunicazione facilitata per alcune persone affette da difficoltà comunicative. Il progetto iniziale era semplice, simile ad una lavagna che veniva scritta da un operatore dietro input del paziente che aveva forme di interazione limitate. L’idea ha preso un’altra veste quando ne ho parlato con alcuni amici che stavano sperimentando un apparecchio in grado di leggere le onde cerebrali e comunicare con un computer digitalmente. Abbiamo cominciato a lavorare per capire se i due progetti potevano essere accoppiati per arrivare a scrivere tramite il battito delle palpebre».
Alla fine, insieme, ci sono riusciti e il software può essere utilissimo in tutti quei casi in cui i pazienti sono impossibilitati a parlare. Direte voi: “Ma si tratta di intelligenze fuori dal comune, non è roba per tutti”. E invece no, come ci spiega Giacomo: «Molte volte è l’approccio alle cose che può farci cambiare idea sulle stesse. Nel mio caso ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno fatto conoscere “il mondo tecnologico” in modo semplice e divertente. Mi hanno fatto giocare con “Scratch”, un linguaggio di programmazione semplice ed intuitivo inventato presso il MIT di Boston e usato da tanti ragazzi nel mondo. I lavori di molti di questi piccoli programmatori, per lo più semplici videogiochi, possono essere trovati in una libreria virtuale ed essere remixati per creare altri progetti». Certo, Giacomo parte da una passione specifica per la tecnologia che si collega all’amore per la matematica, ma partendo da cose semplici si possono realizzare cose davvero originali. «È con Scratch che ho cominciato a progettare i miei videogiochi o a suonare alcune canzoni di Michael Jackson con una tastiera fatta di mele». Insomma, le possibilità di applicazione sono davvero varie. Che aspettate a mettervi alla prova?