Uno tra i problemi cardine del sistema universitario italiano è, di certo, l'insufficienza dei fondi, sia per l'istituzione in sé, sia per la ricerca (umanistica e scientifica). La diffusione del denaro pubblico destinato alle università varia in relazione al numero degli studenti e alla qualità della ricerca; il sistema crea competizione tra gli atenei per tenere quanto più alto il livello didattico. L'inadeguatezza dei fondi deriva anche dal fatto che in Italia ci sono troppi atenei: 112 per 93 province. E di conseguenza alcuni di questi scadono nella loro offerta formativa, compromettendo la validità del titolo di studio che è direttamente proporzionale alla preparazione degli studenti.
Prospettive lavorative
Il 40% degli italiani che si sono iscritti all’università non l'ha conclusa e il 50% degli studenti è fuoricorso; queste sono delle urgenti questioni da affrontare, e per farlo è importante comprendere quali siano i reali vantaggi di un laureato in Italia: coloro che hanno portato a termine una laurea triennale sono pagati ugualmente rispetto ad un diplomato e solo il 40% di chi consegue una con laurea magistrale riesce a lavorare dopo un anno. I dati riportati dimostrano quanto la realizzazione lavorativa di un laureato non sia in realtà favorita rispetto ad un diplomato, senza contare che un laureato ha speso almeno cinque anni di studio invece che lavorare e mantenersi, e quindi gravando sui genitori.
L'incorrispondenza tra studi ed esigenze sociali
La scuola italiana impone un legame molto forte con le materie teoretiche e aumenta la distanza dagli strumenti tecnici facilmente spendibili. In questo modo non si riesce a sostenere l'esigenza di un mondo in corsa verso l'innovazione, e si rimane legati a materie "anacronistiche" per quanto possano arricchire lo studente.