Scuola
INVALSI: la scuola italiana è in ripresa, ma resta fragile
Rispetto al 2021, la "fotografia" del sistema scolastico italiano è migliore, ma emergono delle problematiche che non finiranno con la pandemia
Alex Lung | 29 giugno 2022

Come ogni anno, lo scorso 6 luglio il Ministero dell'Istruzione ha pubblicato i risultati delle prove INVALSI 2021/2022, i test somministrati agli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado per monitorare la situazione del sistema scolastico italiano. Se il rapporto dello scorso anno dimostrava pensanti carenze nelle conoscenze e nelle competenze - probabilmente per via della DAD - sembra che la situazione sia migliorata, sebbene i livelli pre-pandemici siano ancora lontani. 

Una mezza vittoria

L'allarmante peggioramento nelle competenze degli studenti si è quindi arrestato. Per il ministro Bianchi è un segnale di come "la scuola abbia retto" alle sfide lanciate dall'emergenza pandemica. In realtà, guardando un piano più generale, la situazione resta alquanto problematica. Uno studente su due giunge al termine delle scuole superiori senza riuscire a comprendere pienamente un testo in italiano e senza saper svolgere correttamente dei calcoli matematici. Nel 2019, prima della pandemia, le percentuali di alunni che erano in grado di farlo erano invece rispettivamente al 64% e al 61%. Insomma, il declino continua. Più rincuranti i dati della prova di inglese: il 52% degli studenti delle superiori raggiunge il livello B2, in calo di appena tre punti rispetto al 2019.

Risultati negativi: Sud e contesti sfavorevoli

Sono tre i principali problemi denotati dal rapporto INVALSI di quest'anno. Innanzitutto, nonostante il 66% degli studenti della seconda superiore abbia dimostrato di possedere un adeguato livello in italiano, la percentuale scende al di sotto del 60% in alcune regioni del Sud. Medesimo problema alle medie, dove gli studenti meridionali dimostrano più difficoltà in italiano, matematica e inglese rispetto ai compagni del Centro e del Nord. Altro importante campanello d'allarme riguarda i ragazzi provenienti da contesti famigliari e socio-culturali svantaggiati, che vedono peggiorare i propri risultati, anche quando si tratta di buoni studenti. Infine, i risultati delle prove mostrano disuguaglianze importanti anche all'interno della stessa scuola o addirittura della stessa classe. Anche questo avviene soprattutto nel Meridione, dove gli istituti mostrano fragilità nell'appiattire le differenze socio-economico-culturali tra gli studenti. 

La primaria resiste

Se i risultati di superiori e medie hanno aperto degli importanti interrogativi e hanno fatto capire che la strada per il recupero dei livelli pre-pandemici è ancora lunga, la situazione è più calma sul fronte delle scuole primarie. Il 75% circa degli alunni della seconda elementare possiede livelli adeguati in italiano e matematica, e sebbene le competenze di coloro provenienti da background sfavorevoli si siano abbassate del 5% per la prima, sono aumentate del 6% in aritmetica. 

Dispersione implicita: un minuscolo passo in avanti

Migliora, ma davvero di poco, il dato relativo alla dispersione implicita, corrispondente a quegli studenti che concludono il ciclo di studi, ma senza aver raggiunto gli obiettivi minimi predisposti. Nel 2021 si attestava al 9,8%, mentre quest'anno scende al 9,7%. Un numero tuttavia ancora troppo elevato se paragonato al 2019, quando si parlava del 7,5% dei diplomati. 

Le parole di Bianchi

Il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi si dimostra ottimista e fiero di come la scuola italiana abbia risposto all'emergenza Covid: "La DAD non è il diavolo: con grandi sacrifici studenti, famiglie e docenti hanno usato tutti gli strumenti per mantenere il contatto con la scuola, in altri paesi non è stato così". E a coloro che accusano il suo dicastero di non utilizzare adeguatamente i fondi per arginare il problema dell'abbandono scolastico risponde: "Il PNRR ci permette di affrontare alcune tematiche, non di risolverle tutte: non riusciamo a fare interventi per tutte i 44mila edifici scolastici, ma abbiamo iniziato a mettere dei paletti", precisando che "la prima trance era riferita alla fragilità educativa e siamo intervenuti per dotare le nostre scuole sul territorio di risorse per affrontare questo tema". I risultati INVALSI dei prossimi anni avranno l'ardua sentenza di verificare se, effettivamente, i finanziamenti siano stati mirati giustamente per aiutare le scuole svantaggiate e i loro studenti.  

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