Dati preoccupanti quelli che emergono dall'indagine svolta dal dirigente della Neuropsichiatria infantile Carlo Di Brina, del policlinico Umberto I, da Barbara Caravale, del dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e sociale dell'università La Sapienza, e da Nadia Mirante dell'Unità di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
L'indagine
Secondo le stime di un lavoro di due anni condotto sui bambini romani alle scuole primarie, il 21,6% dei bambini è a rischio di sviluppare problemi di scrittura, con il 10% che manifesta una scrittura “disgrafica”. L'allontanamento dal corsivo deriverebbe, in parte, dall'utilizzo permanente di smartphone e tablet in cui a prevalere è la scrittura in stampatello. Fenomeno ad esso correlato è la leggibilità di un testo scritto e i relativi disturbi che possono riguardare l'età dello sviluppo. L'indagine rivela infatti che circa il 5% dei bambini partecipanti allo studio soffre di disturbi specifici come quelli legati alla coordinazione motoria o alla dislessia, mentre i disturbi di apprendimento variano dal 5% al 15%. Un ulteriore problema segnalato riguarda i metodi di apprendimento eseguiti in classe, essendo gli insegnanti sprovvisti di un metodo unico efficace per lo sviluppo di questa essenziale competenza.
Dichiarano i ricercatori: “La scrittura è una competenza da apprendere, ma non viene indicato con chiarezza qual è il metodo più efficace attraverso il quale questo importante strumento di comunicazione può essere appreso. Mentre per la lettura è assodato che il metodo di apprendimento più efficace per tutti i bambini è il metodo fono-sillabico e nella gran parte delle scuole è stato abbandonato il metodo globale, per la scrittura non si è ancora aperto il dibattito educativo”.