Giornali scolastici
Insieme contro le mafie
Combattere la criminalità organizzata non è solamente compito della magistratura: ognuno di noi deve fare la sua parte e non stare fermo a guardare
Camilla Gaggero, caporedattore “Il Liceale”, giornale del liceo Lanfranconi | 13 febbraio 2014
«Falcone e Borsellino non erano eroi». Non è l’affermazione di un mafioso, ma di un membro dell’associazione Libera, Stefano Busi. Non ha sbagliato associazione, né è un malavitoso in incognito: semplicemente esprime il pensiero di tutta l’organizzazione, perché - Falcone e Borsellino erano uomini come tutti. Svolgevano soltanto il loro dovere come avrebbero dovuto fare tutti gli altri magistrati. Dire che erano eroi è sbagliato, nemmeno loro lo avrebbero apprezzato: chiunque può comportarsi come loro, essere onesti. Non occorrono superpoteri. Chi infatti afferma che erano eroi, implicitamente sostiene anche che nessun altro può compiere le loro stesse azioni».
Questo è il primo punto che bisogna tenere sempre a mente. Il secondo invece è che le vittime innocenti come Silvia Ruotolo, mamma siciliana uccisa da un colpo vagante mentre portava la bambina a scuola, non si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lei era nel posto giusto nel momento giusto, doveva svolgere il suo compito di madre. Era il sicario della mafia che lì non doveva esserci, perché «bisogna smettere di pensare che sia normale che in certe zone di Italia ci si spari per la strada. Non è ammissibile una situazione del genere: accettarla vuol dire arrendersi in partenza».
Proprio con questa idea nasce nel 1995 Libera, un’associazione temporanea di scopo di associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Per combattere la mafia non è sufficiente l’uso dell’esercito, anche se può contribuire, come si rese conto il prefetto di Palermo Mori nel periodo del fascismo. Una volta liberata l’Italia dalla dittatura, però, l’organizzazione criminale si è ricomposta, diventando più forte di prima e infiltrandosi nelle istituzioni dello Stato. Lo stesso vale per gli arresti dei boss. Non è sufficiente.
Si deve risolvere il problema alla radice: «fino a che lo Stato non riuscirà a garantire ai cittadini quei diritti che la mafia elargisce come favori, questa sarà impossibile da eliminare - affermò Carlo Alberto Dalla Chiesa. L’organizzazione è infatti nata a causa dell’assenza delle istituzioni statali nelle aree più arretrate d’Italia e di questa si è alimentata. Ma oggi, con l’aiuto di tutti, si può e si deve sconfiggerla.
La parola chiave di Libera perciò, coniata dal presidente Don Ciotti, è “corresponsabilità”, ossia responsabilità collettiva, perché il campo di azione delle mafie non interessa soltanto le regioni meridionali, ma l’intera Italia.
Pensiamo agli abitanti delle zone come Casal di Principe, che muoiono ogni giorno di cancro e sono per lo più giovani di età inferiore ai 30 anni.
Ma anche i settentrionali mangiano i prodotti di quella terra, irrigati con acqua di pozzi inquinati e con concentrazioni di metalli pesanti di gran lunga sopra i limiti consentiti. E questi stessi ortaggi vengono comprati anche da multinazionali visto i loro bassi costi, così finiscono sulle tavole di tutto il mondo senza che nessuno, o meglio, senza che i consumatori siano a conoscenza del veleno che stanno ingerendo.
Le istituzioni infatti, a livello sia locale che nazionale, conoscono perfettamente la situazione, ma non solo non fanno nulla per cambiarla, anzi, nascondono le prove di questo problema che colpisce il Paese: così un controllo dell’ARPAL sulle acque di Casal di Principe fu ritoccato in modo che i valori risultassero nella norma quando non lo erano. […]
Ma purtroppo in Italia si ragiona così: fino a che non “ci scappa il morto”, non si fa nulla. Si aspetta sempre la tragedia, l’allerta massima per capire che bisogna agire.
In realtà da tempo, fin appunto dal 1995, Libera cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo importante tema, che non deve più essere un tabù: solo parlandone si può trovare una soluzione comune e tutti insieme agire. È vero che il problema è enorme, all’apparenza irrisolvibile, ma come è stato creato da uomini, così può essere risolto dagli stessi, anche se con maggior fatica, perché, se commettere un crimine è facile, porvi un rimedio richiede tempo e soldi.
Per questo lo scopo di Libera è duplice: prevenzione e soluzione, che spesso si sovrappongono. Un’azione di prevenzione è sicuramente quella di andare nelle scuole a sensibilizzare i giovani, il futuro che deve essere consapevole per non commettere gli stessi errori delle precedenti generazioni. Un’altra importante azione di Libera è quella delle marce contro la mafia (l’anno scorso a Firenze, quest’anno a Latina), che coinvolgono persone di tutte le età e si concludono con la lettura dell’interminabile lista delle vittime innocenti per ricordare che bisogna sapere i nomi di tutti, non solo di quelli famosi come i magistrati. Troppo spesso si è ricordata la morte di Falcone e Borsellino e “degli uomini della scorta”, senza mai nominarli, infierendo così un ulteriore dolore ai loro familiari.
Libera si occupa inoltre di trovare una collocazione per i beni confiscati alle mafie, dimodoché ne possano usufruire gli stessi cittadini cui erano stati sottratti per il guadagno illecito di pochi e non per il bene della comunità.
Questo è il primo punto che bisogna tenere sempre a mente. Il secondo invece è che le vittime innocenti come Silvia Ruotolo, mamma siciliana uccisa da un colpo vagante mentre portava la bambina a scuola, non si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lei era nel posto giusto nel momento giusto, doveva svolgere il suo compito di madre. Era il sicario della mafia che lì non doveva esserci, perché «bisogna smettere di pensare che sia normale che in certe zone di Italia ci si spari per la strada. Non è ammissibile una situazione del genere: accettarla vuol dire arrendersi in partenza».
Proprio con questa idea nasce nel 1995 Libera, un’associazione temporanea di scopo di associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Per combattere la mafia non è sufficiente l’uso dell’esercito, anche se può contribuire, come si rese conto il prefetto di Palermo Mori nel periodo del fascismo. Una volta liberata l’Italia dalla dittatura, però, l’organizzazione criminale si è ricomposta, diventando più forte di prima e infiltrandosi nelle istituzioni dello Stato. Lo stesso vale per gli arresti dei boss. Non è sufficiente.
Si deve risolvere il problema alla radice: «fino a che lo Stato non riuscirà a garantire ai cittadini quei diritti che la mafia elargisce come favori, questa sarà impossibile da eliminare - affermò Carlo Alberto Dalla Chiesa. L’organizzazione è infatti nata a causa dell’assenza delle istituzioni statali nelle aree più arretrate d’Italia e di questa si è alimentata. Ma oggi, con l’aiuto di tutti, si può e si deve sconfiggerla.
La parola chiave di Libera perciò, coniata dal presidente Don Ciotti, è “corresponsabilità”, ossia responsabilità collettiva, perché il campo di azione delle mafie non interessa soltanto le regioni meridionali, ma l’intera Italia.
Pensiamo agli abitanti delle zone come Casal di Principe, che muoiono ogni giorno di cancro e sono per lo più giovani di età inferiore ai 30 anni.
Ma anche i settentrionali mangiano i prodotti di quella terra, irrigati con acqua di pozzi inquinati e con concentrazioni di metalli pesanti di gran lunga sopra i limiti consentiti. E questi stessi ortaggi vengono comprati anche da multinazionali visto i loro bassi costi, così finiscono sulle tavole di tutto il mondo senza che nessuno, o meglio, senza che i consumatori siano a conoscenza del veleno che stanno ingerendo.
Le istituzioni infatti, a livello sia locale che nazionale, conoscono perfettamente la situazione, ma non solo non fanno nulla per cambiarla, anzi, nascondono le prove di questo problema che colpisce il Paese: così un controllo dell’ARPAL sulle acque di Casal di Principe fu ritoccato in modo che i valori risultassero nella norma quando non lo erano. […]
Ma purtroppo in Italia si ragiona così: fino a che non “ci scappa il morto”, non si fa nulla. Si aspetta sempre la tragedia, l’allerta massima per capire che bisogna agire.
In realtà da tempo, fin appunto dal 1995, Libera cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo importante tema, che non deve più essere un tabù: solo parlandone si può trovare una soluzione comune e tutti insieme agire. È vero che il problema è enorme, all’apparenza irrisolvibile, ma come è stato creato da uomini, così può essere risolto dagli stessi, anche se con maggior fatica, perché, se commettere un crimine è facile, porvi un rimedio richiede tempo e soldi.
Per questo lo scopo di Libera è duplice: prevenzione e soluzione, che spesso si sovrappongono. Un’azione di prevenzione è sicuramente quella di andare nelle scuole a sensibilizzare i giovani, il futuro che deve essere consapevole per non commettere gli stessi errori delle precedenti generazioni. Un’altra importante azione di Libera è quella delle marce contro la mafia (l’anno scorso a Firenze, quest’anno a Latina), che coinvolgono persone di tutte le età e si concludono con la lettura dell’interminabile lista delle vittime innocenti per ricordare che bisogna sapere i nomi di tutti, non solo di quelli famosi come i magistrati. Troppo spesso si è ricordata la morte di Falcone e Borsellino e “degli uomini della scorta”, senza mai nominarli, infierendo così un ulteriore dolore ai loro familiari.
Libera si occupa inoltre di trovare una collocazione per i beni confiscati alle mafie, dimodoché ne possano usufruire gli stessi cittadini cui erano stati sottratti per il guadagno illecito di pochi e non per il bene della comunità.
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