Sport
Euro2020, il precedente della monetina iridata
La competizione inizierà l'11 giugno all'Olimpico di Roma. E il ricordo non può che andare a Italia '68
Jacopo Borgia | 26 aprile 2021

Gli Europei 2020 inizieranno all’Olimpico di Roma l’11 giugno prossimo con la gara inaugurale tra Turchia e Italia valevole per il gruppo A, di cui fanno parte anche Svizzera e Galles, e si chiuderanno a Londra, nello stadio di Wembley, l’11 luglio. A confermarlo è il vertice tenutosi ieri nella sede della UEFA, dove il torneo è stato definito come “simbolo di riaperture e rinascita per l’Europa”. A vedere il calendario viene, però, qualche rammarico, almeno da parte dei tifosi italiani: la Nazionale, infatti, avrebbe probabilmente giocato tutte le sue partite dei gironi in uno Stadio Olimpico sold-out, ma l’epidemia non si è ancora arrestata dunque gli ingressi saranno contingentati a poche migliaia di spettatori: tutti medici, infermieri od operatori sanitari, come voluto da Ministero dello Sport, CONI e FIGC. Intanto la coppa, come da tradizione, è arrivata a Roma, dove è stata prima esposta in Piazza del Campidoglio, accolta dalla Sindaca, dall’Assessore allo Sport e dalle massime cariche dello sport e del calcio italiano, per poi essere spostata all’Olimpico, dove, si spera, l’Italia inizierà col passo giusto un Europeo che vede come favoritissime le giovani e inarrestabili Francia e Inghilterra, ma che può comunque regalare sorprese. Mentre l’Olimpico avrà la fortuna di avere comunque un piccolo pubblico, stessa sorte non toccherà a Dublino e Bilbao, che hanno dato forfait vista l’impossibilità ad aprire in sicurezza i rispettivi stadi. Siviglia e San Pietroburgo sono state dunque designate come nuove sedi e vanno ad aggiungersi alla lunga lista delle città che ospiteranno il primo campionato europeo “paneuropeo”, cioè giocato in tutta Europa e non solo nel Paese ospitante di turno, creato ad hoc in occasione del 60° anniversario del primo Europeo.

I precedenti in Italia

Per Roma e per l’Italia questo non sarà il primo europeo da sede ospitante, già in due occasioni (Euro’68 ed Euro’80), infatti, il nostro Paese aveva ospitato la competizione, e nell’edizione del ’68 la Nazionale riuscì anche a trionfare, seppur con molta fortuna dalla propria parte.  A “Italia 1968” si erano qualificate otto squadre, e il torneo era composto dai quarti, con la formula dell’andata e ritorno, poi semifinali e finali secche. L’Italia, dopo aver superato la Bulgaria, si trovò ad affrontare l’Unione Sovietica allo Stadio San Paolo di Napoli il 5 giugno, poco dopo l’altra semifinale, giocata a Firenze e vinta dalla Jugoslavia per 1-0 sull’Inghilterra.  La partita iniziò alle 18 con i capitani Giacinto Facchetti e Albert Sesternev che si strinsero la mano di fronte all’arbitro Kurt Tschenscher, tutti e tra ignari del fatto che ciò che deciderà la partita non sarà la palla ai piedi dell’arbitro, ma un franco svizzero del 1932 nella sua tasca. Dopo due infortuni l’Italia restò in nove (non c’era allora la possibilità di fare cambi), si chiuse allora in difesa e con un catenaccio impenetrabile, poi chiamato proprio “catenaccio all’italiana”, tenne botta ai sovietici. Al 90’ tutti ritornano negli spogliatoi: si deciderà la seconda finalista con il sorteggio.

Tutto quello che successe dopo è stato soggetto di storie e leggende, fino a che una documentazione ufficiale nel libro “Azzurri d’Europa” spiega la dinamica del sorteggio: i due capitani, l’arbitro e alti dirigenti delle rispettive federazioni calcistiche si chiusero negli spogliatoi, l’arbitro estrasse poi la moneta dal valore di 5 franchi svizzeri, i capitani scelsero la faccia (testa per l’Italia, croce per l’URSS) e la monetina volò in aria. Per i presenti quei tre secondi di volo della moneta sembrarono interminabili. Poi la moneta toccò finalmente il pavimento. Facchetti urlò. I compagni nella stanza accanto urlarono. Lo stadio urlò. Era testa: Italia in finale e il resto è storia.  La finale dell’8 giugno finì 1-1 ai supplementari: si dovette dunque ripetere. Due giorni dopo l’Italia chiuse i conti in 20 minuti e vinse il primo, e finora unico, Europeo della sua storia. Il Paese era in estasi, per strada si festeggiava, i giocatori venivano osannati. Ma leggenda vuole che nel frattempo, nel suo studio di Firenze, Artemio Franchi stesse contemplando quella monetina donatagli dall’arbitro dopo il sorteggio, tanto piccola quanto fatale per l’URSS e decisiva per l’Europeo dell’Italia. Una storia molto attuale, perché in un mondo calcistico in cui i miliardi, i bilanci, le capitalizzazioni da capogiro spostano gli equilibri, è bene ricordare che anche una monetina ossidata dal valore di poco più di quattro euro può definire le sorti di una partito o di un Europeo.  Ormai al sorteggio vengono preferiti il Golden Gol  (fatale per l’Italia ad Euro2000) o i rigori, ma l’Italia continua a sognare di rivivere, magari in questi Europei, le emozioni di quella sera del 5 giugno 1968, quando una monetina aprì le porte della gloria all’Italia e piegò l’URSS.

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