Sport
Parliamo di calcio...ma al femminile
Ecco in che modo il calcio femminile è il risultato di una vera e propria rivoluzione sociale
Giorgia Alagna | 18 febbraio 2025

L’Italia non sarebbe l'Italia senza il suo più grande amore: il calcio. Basta semplicemente entrare in uno stadio, prendere posto sugli spalti e osservare: lì c’è un ragazzo che si è fatto chilometri per seguire la partita della sua squadra del cuore. Poco più lontano c’è un papà, con i suoi bambini, insieme stanno festeggiando il gol del vantaggio.
E invece guarda quel signore: probabilmente ama questa squadra da tanti anni, ed è qui allo stadio con tanto di sciarpa e berretto insieme ai nipotini, così che loro possano portare avanti la stessa passione del nonno.

Il calcio è una forma di amore universale, non si esprime a parole ma con emozioni. È un amore eterno: non fa distinzioni di età, di colore, di genere; tutti possono viverlo, dall'atleta che insegue il pallone sul campo a chiunque abbia una passione sconfinata per un club o una Nazionale. Insomma, sarebbe assurdo pensare che uno sport che accomuna così tante persone a livello nazionale tagliasse fuori qualcuno. Eppure, qualcosa che non funziona, c’è. Perché in Italia ci sono persone che hanno fatto fatica a conformarsi con le dinamiche di questo sport; persone che combattono da anni, che hanno vissuto sconfitte e vittorie, che hanno lottato per fare sentire la propria voce affermando la propria identità: queste persone sono le calciatrici.

La storia del rapporto tra le donne e il calcio può essere definita, come afferma l’odierna centrocampista italiana della Juventus Women Martina Rosucci, una vera e propria "rivoluzione sociale".

Al culmine della Prima Guerra Mondiale gli uomini sono chiamati a combattere al fronte e il genere femminile prende in gestione i settori economici e sociali della società. Per smorzare il clima pesante del conflitto, le donne si svagano nei campi da calcio, i quali sono adibiti esclusivamente all’utilizzo dei maschi.

Il fenomeno prende il sopravvento anche in Inghilterra, e col tempo vede sempre più persone appassionarsi alle partite, così tante da riempire gli stadi. Ma nel momento in cui il calcio femminile acquisisce visibilità, lo si comincia immediatamente a percepire come una minaccia.

Questo sport è sempre stato legato esclusivamente alla figura maschile, di conseguenza -si pensa- il genere femminile non ha alcun diritto di prenderne parte. Anche perché, per una donna del XX secolo, giocare a calcio significa rovinare la sua immagine di casalinga e mettere a rischio il suo unico compito, quello di procreatrice. Ma le donne non hanno di certo abbassato la guardia: hanno continuato a coltivare il loro interesse, nonostante le molteplici difficoltà.

Perché le calciatrici non possono dedicarsi interamente alla loro carriera sportiva come gli uomini, ma sono costrette a lavorare per mantenersi. Disputano le partite in campi senza illuminazione, indossano abbigliamento sportivo riciclato dal settore maschile, viaggiano per ore e ore per raggiungere la loro squadra e allenarsi. Eppure, stiamo parlando di donne innamorate del calcio quanto gli uomini, se non di più. La passione che provano per questa disciplina le spinge a compiere enormi sacrifici, andando oltre ogni tipo di ostacolo e facendo il possibile per portare avanti il loro percorso nel mondo calcistico.

Il tempo passa, e il calcio femminile progredisce, ma a fatica. Se ci catapultiamo a pochi anni fa, agli inizi del Duemila, sono ancora tanti gli intoppi che impediscono alle atlete di praticare la loro disciplina serenamente: non si parla solamente di disagi economici e salariali, ma soprattutto sociali.

Le stesse associazioni si disinteressano del settore femminile e le squadre, private di supporto, spesso falliscono, lasciando le calciatrici senza retribuzione.
Le ragazze, stanche di essere trattate come invisibili, protestano. L’opposizione costituisce la loro unica forma di ribellione, che le vede prendere parte a prese di posizione collettive, come ad esempio, manifestazioni sul campo per le quali tante ricevono ammonizioni dalle autorità sportive.

Fortunatamente, grazie alle innumerevoli battaglie, i primi risultati arrivano.
Siamo nell’estate 2019, quando la Nazionale femminile partecipa ai Campionati Mondiali in Francia. Le Azzurre sono artefici di un evento storico: conquistano i quarti di finale, ritrovandosi tra le 8 migliori formazioni al mondo come unica squadra professionistica.
Il Mondiale rappresenta l’evento chiave grazie al quale, in Italia, viene imboccata la strada per ottenere il professionismo, raggiunto nel luglio 2022.

Avere concretizzato questo obiettivo costituisce per le calciatrici una vittoria che cela un valore profondo. È un trionfo che conferisce un significato, sia a tutti gli sforzi e sacrifici compiuti dalle donne per coltivare la loro passione, sia a ogni tentativo di affermare la propria identità senza paura, ma con tanta grinta e coraggio.

Ecco perché la storia tra le donne e il calcio può essere definita come una vera e propria rivoluzione sociale. Il genere femminile ha combattuto al fine di ottenere quei diritti che gli sono sempre stati negati, ed è riuscito, con la propria forza, a trovare il suo posto nel mondo del calcio.

 

Fonte: Di Tomassi A., 2022, Azzurro Shocking - Come le donne si sono riprese il calcio, Rai Play (link: https://tinyurl.com/2swurhb6).

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