Interviste
Campioni di motocross
Sulle due ruote ci vuole testa
Vittoria dopo vittoria il giovane italiano Davide Guarneri, classe 1985, si è conquistato il rispetto dei team e dei suoi colleghi del settore MX1. A Zai.net racconta come si vince la paura
William ?Rocker? Mattone | 27 maggio 2013
A che età e come nasce la passione per uno sport così pericoloso?
Tutto è nato perché mio padre quando era giovane correva a livello amatoriale e quando ho compiuto 5 anni mi è stata regalata una mini-moto da cross per divertimento che però mi ha fatto appassionare come ogni ragazzino alla 2 ruote. All?età di 9 anni ho iniziato a partecipare alle prime competizioni a livello amatoriale e pian piano, con l?avanzare dell?età e del mio livello siamo arrivati a questo punto.

Prima di una gara hai paura di farti male oppure ti concentri per cercare la determinazione necessaria?
Noi ci alleniamo 4-5 giorni a settimana sulla moto per conoscere bene il mezzo e instaurare un ?feeling?, proprio per evitare cadute o errori; ma la paura c?è e si trasforma in tensione per riuscire a dare il meglio. In generale in tutti gli sport pericolosi se dai ascolto solo alle paure poi non riesci a fare del tuo meglio: bisogna essere consapevoli dei rischi per prepararsi a tutto.

Hai mai avuto incidenti gravi in gara?
Di cadute ce ne sono state parecchie? Ho subito 3 operazioni alle ginocchia e qualche frattura. Purtroppo quando cadi a certe velocità, dopo un contatto o durante un salto, c?è sempre la possibilità di farsi male.

Questo ti ha mai fatto pensare ad abbandonare il mondo delle competizioni?
Quando hai gli incidenti più gravi per un momento ci pensi, però poi la passione e la voglia che hai ti prendono da dentro! L?adrenalina del motocross ti spinge a trovare la via più veloce per montare di nuovo in sella e fare meglio di prima.

Quanto conta, oltre la professionalità, l?affiatamento nel team?
È essenziale perché deve esserci fiducia e rispetto da entrambe le parti, anche se il tuo team o la tua moto non sono i migliori a livello mondiale. L?affiatamento e l?amicizia ti fanno sentire più sereno e quindi riesci a dare di più.

Come è visto il vostro sport?
Il motocross è un po? sopra le righe: non è il classico sport motoristico su strada e ci vogliono delle doti atletiche precise, perché è molto faticoso. Naturalmente serve anche un buon mezzo. È uno sport ancora poco conosciuto, ma quando ci entri dentro ti appassiona e fa capire cosa vuol dire spingere al 100% in fuoristrada.

Il tracciato che ti ha più entusiasmato e il pubblico più caloroso che hai incontrato?
Il tracciato più bello è stato quello del 2006, Gran Premio d?Inghilterra sull?isola di Wight: la giornata era bellissima, il tracciato divertente e anche l?arrivo sull?isola è stata una sensazione quasi mistica. Sentire poi tutte le volte che si corre in Italia i fan che urlano il tuo nome è una bella sensazione: in particolare mi tornano alla mente il Gran Premio delle Nazioni in Francia e nel 2009 in Italia, dove c?erano 80.000 persone che tifavano per i 3 piloti italiani e io ero tra questi!

Chi è il tuo mito delle due ruote a cui vorresti essere equiparato?
Ogni pilota ha il suo stile e quindi è difficile fare paragoni, però un modello c?è sempre: io sono cresciuto nell?epoca di Stefan Everts, un belga che ha vinto 10 mondiali nella sua carriera. Spero di riuscire a fare anche una piccola parte di quello che ha realizzato lui.

Il tuo sport lo consigli solo se?
Si ha voglia di faticare, con le dovute accortezze. Non basta prendere una moto e andare in un prato: ci vogliono le giuste protezioni e bisogna usare la testa iniziando passo dopo passo. Nessuno nasce campione, tutti abbiamo cominciato mettendo le marce con calma senza pensare subito ai salti. Quando ci si rende conto di questo, sicuramente poi ci si diverte.
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